Docenti secondo contratto Giancarlo Cerini

Sommario : Diagnosi che “fanno male” • Professionalità … in eterna attesa? • Gli impegni politici per il futuro (art. 24) • Una vicenda che viene da lontano • Il docente, un professionista riflessivo • Insegnanti in carriera o insegnanti di qualità ? • I tempi ed i luoghi dello sviluppo professionale • Il nocciolo duro della professione docente • Si insegna meglio se si “fa ricerca” • La professionalità docente si articola • Ripensare le “funzioni strumentali” • Verso una organizzazione che apprende • Tre schede di documentazione

Diagnosi che “fanno male”

In tutti i documenti di studio che negli ultimi quindici anni hanno cercato di delineare nuove prospettive di riforma della scuola, la qualità del lavoro degli insegnanti e di tutte le professionalità che operano nella scuola viene presentata come la condizione sine qua non per il successo dei processi di innovazione ritenuti necessari per il nostro sistema educativo.

Nel recente “quaderno bianco” sulla scuola (settembre 2007)1, controfirmato dai Ministri dell’Economia e dell’Istruzione, tra le misure proposte campeggia una più incisiva politica di reclutamento, formazione e assegnazione di sede del personale docente, attraverso incentivi allo sviluppo professionale ed un più stringente legame tra trattamento retributivo (almeno nella parte accessoria) e partecipazione a processi di innovazione e di miglioramento del­l’insegnamento.

Anche nell’”intesa sulla conoscenza” (siglata il 27 giugno 2007)2 le organizzazioni sin­dacali ed il Governo (rappresentato dal Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, nonché dell’Economia e Finanze e della Pubblica istruzione) scommettono nuovamente sui processi di espansione dell’istruzione (obbligo di istruzione, rinnovamento delle metodologie, educazione permanente, formazione e valorizzazione delle diverse figure professionali impegnate nel campo dell’educazione), come antidoto contro il possibile declino del nostro paese, che rischia di rimanere ai margini del progresso scientifico e tecnologico.

I persistenti risultati deludenti rilevati nelle indagini internazionali sugli apprendimenti, da ultima la citatissima ricerca Ocse-Pisa3, sono anche un indicatore del mancato decollo di un sistema convincente di professionalizzazione e di formazione del personale della scuola, quasi la controprova della insoluta “questione insegnante” in Italia: i docenti sembrano sospesi tra l’aspirazione ad uno status di piena professionalità ed il persistente “disagio” delle condizioni di lavoro vissute nel quotidiano, con la percezione di una “faticosità” crescente delle relazioni educative (con gli allievi, ma anche con i genitori).

Professionalità … in eterna attesa?

Le diagnosi contenute in questi documenti sembrano autorevoli, ma mancano ancora soluzioni pienamente condivise. Questo dilemma investe anche il nuovo Contratto Nazionale di Lavoro (2006-2009), con riguardo alla Parte IV, che si riferisce alla specifica area della docenza (una dicitura “strappata” nella precedente tornata contrattuale). Le scelte contrattuali si muovono all’insegna della continuità, piuttosto imboccare svolte radicalmente innovative.

Il quadro concettuale del profilo della docenza viene largamente riconfermato, con mil­limetriche variazioni sul piano degli impegni di servizio (in relazione alla gestione dell’orario di insegnamento e delle attività c.d. funzionali all’insegnamento), ma con due integrazioni significative:

  • tra le attività connesse all’insegnamento rientrano pienamente quelle relative alla valutazione e alla documentazione;

  • viene arricchito il profilo inserendo l’attività di ricerca (didattica) come parte integrante della funzione docente, con la prefigurazione di possibili riconoscimenti economici.

Dunque, l’impianto professionale del Contratto rimane statico, ben delineato nell’ampio articolato, che si presenta organico e condivisibile, ma di scarsa realizzabilità. Tutti gli aspetti innovativi vengono rimandati ad auspicati ma futuri processi decisionali.

I meccanismi premianti (ai fini di uno sviluppo di carriera), una più incisiva contrattazione decentrata (con un legame esplicito con le dinamiche innovative nelle scuole di appartenenza), lo sviluppo di sistemi valutativi delle prestazioni (con possibile differenziazione dei trattamenti economici) appaiono idee ancora fragili e soggette ad un rapporto molto “contrastato” tra gli insegnanti, le loro organizzazioni sindacali e le forze politiche4. Un discorso innovativo sulla professionalità richiederà un lungo processo di decantazione, in grado di far evolvere le perplessità attuali verso la condivisione di soluzioni praticabili.

Gli impegni politici per il futuro (art. 24)

L’uniformità dei trattamenti appare ormai un simulacro. Si pensi alla partecipazione alle attività di formazione e aggiornamento. Negli ultimi anni la formazione in servizio del personale della scuola era stata confinata nel limbo del “diritto-dovere”, anzi del semplice “diritto”, determinando un certo lassismo nei comportamenti di molti docenti. È pur sempre alta la percentuale dei docenti che curano il proprio perfezionamento professionale (soprattutto tra i docenti delle scuole del primo ciclo), ma si manifesta uno “zoccolo duro” di personale “impermeabile” alle sollecitazioni della formazione, anche per l’assenza di incentivi (positivi o negativi), in grado di premiare o sanzionare i diversi comportamenti. Anche nel caso di innovazioni di sistema (come oggi sono l’estensione dell’obbligo di istruzione a 16 anni ed il rinnovamento dei curricolo della scuola di base) si fa fatica a prevedere l’obbligatorietà della formazione.

Certo, non si può ridurre la questione della professionalità docente alla frequentazione di qualche corso di aggiornamento. Si dovrebbe ormai parlare di un vero e proprio progetto di sviluppo professionale, come elemento costitutivo degli standard professionali minimi caratteristici di ogni docente. Un valido punto di riferimento sembra essere il documento di lavoro elaborato dall’apposita commissione costituita presso l’ARAN (l’agenzia che tratta i contratti dei pubblici dipendenti) a seguito di quanto stabilito dall’art. 22 del Contratto Nazionale di Lavoro 2002-2005 ove, alla voce “Intenti comuni”, veniva sancito l’impegno di costituire una commissione di studio per elaborare una soluzione praticabile e sostenibile per istituire “meccanismi di carriera professionale per i docenti”.

L’articolo contrattuale prevedeva anche alcuni criteri guida, quali5:

– il riferimento alla qualità della scuola;

– l’impegno per il miglioramento degli apprendimenti degli allievi e il successo formativo;

– la chiamata in causa di un sistema nazionale di valutazione.

Il documento elaborato da Ministero dell’Istruzione, Aran e Organizzazioni Sindacali come esito del gruppo di lavoro6, individuava un sistema di crediti formativi (riferiti alla partecipazione ad attività di ricerca, formazione, innovazione, ecc.) e professionali (riferiti allo svolgimento di funzioni di supporto all’organizzazione della scuola autonoma), come elementi da valutare ai fini della progressione di carriera. Il credito formativo avrebbe aperto la strada al riconoscimento e allo svolgimento di funzioni connesse all’area della didattica (responsabili di dipartimento, formatori, tutor, ecc.), mentre il credito professionale sarebbe stato considerato ai fini dell’accesso a nuove professionali (dirigenza scolastica, ecc.).

Poco di quanto stava scritto in quel documento si è tradotto in norme giuridiche, tuttavia i sottoscrittori del nuovo Contratto si impegnano a ripartire da quanto prefigurato nel do­cumento di lavoro del 2004. Infatti, in premessa al Capo IV (art. 24) è stato inserito un articolo programmatico (una sorta di preambolo politico, che non produce effetti immediati sul piano giuridico) con il quale viene recuperata l’elaborazione precedente in materia di “incentivazione e valorizzazione professionale e di carriera degli insegnanti”, con tre puntualizzazioni da sottolineare:

a) che le decisioni in materia siano devolute al tavolo contrattuale (qui si nota la diffidenza verso la via legislativa per il riconoscimento di uno status professionale ai docenti, vissuta come uno smacco per la rappresentatività dei sindacati e quindi come indebolimento delle tutele contrattuali)7;

b) che le innovazioni in materia di professionalità siano connesse agli sviluppi di un condiviso sistema di valutazione (non si capisce, però, se per accelerarlo o per allontanarlo…);

c) che al riconoscimento della professionalità siano destinate risorse aggiuntive e specifiche (qui si nota il timore che finalizzare il monte-salari disponibile al merito -e quindi solo per una parte del personale- possa rendere difficoltoso anche il semplice recupero del potere d’acquisto per tutti i lavoratori).

 Una vicenda che viene da lontano

Le ricerche italiane sulla condizione professionale dei docenti (in particolare, quelle promosse dallo IARD)8 registrano, anno dopo anno, una situazione di disagio e demotivazione. Certamente influisce su questo “stato di crisi” latente l’insoddisfazione verso livelli retributivi considerati non appropriati per una categoria cui si chiede uno slancio professionale. Non è però solo un problema di carriera, di appiattimento retributivo, o di assenza di incentivi, ma più in generale di deboli prospettive per uno sviluppo professionale che assicuri visibilità sociale ed autorevolezza al lavoro dell’insegnante. Una diagnosi che molti condividono, salvo poi dividersi sulle necessarie terapie:

  • chi propone di affidare alle autonomie regionali la gestione del personale scolastico, interpretando in maniera estensiva le previsioni del nuovo Titolo V della Costituzione, che affida allo Stato le sole “norme generali” sull’istruzione e delega alle Regioni la normativa di dettaglio, che comprende anche la gestione e organizzazione scolastica9, convinto che le dinamiche “locali” imprimerebbero forti sollecitazioni (anche contrattuali e retributive) al settore;

  • chi, invece, scommette maggiormente su una totale autonomia delle istituzioni scolastiche anche in materia di scelta, reclutamento e gestione del personale, per la possibilità di riconoscere ed apprezzare, anche in maniera differenziata, meriti profes­sionali rilevati direttamente sul campo10;

  • chi, poi, reclama un più diretto ed autonomo intervento della componente professionale nella definizione degli standard, nei processi di preparazione e selezione alla professione, attraverso strumenti come l’albo professionale, il codice deontologico, lo “stato giuridico”, strumenti che sarebbero in grado di far uscire la condizione professionale dall’area delle concertazioni sindacali del pubblico impiego, rassicurante ma condizionata dalle compatibilità dei conti pubblici.

Il dibattito non è certamente semplice11: ognuna delle ipotesi precedenti offre infatti affascinanti squarci di novità in un panorama oggi stagnante, ma anche grandi incognite sugli effetti concreti delle diverse proposte, per i rischi di “localismo”, frammentazione, privatizzazione del profilo docente, che dovrebbe invece garantire la tenuta unitaria e nazionale del progetto culturale della scuola pubblica. Anche l’esito negativo -nella primavera del 2000 - della vicenda del “concorsone”, cioè dell’attribuzione di un beneficio economico (consistente) al 20% dei docenti mediante una procedura concorsuale (con un mix di test di conoscenza, valutazione del curriculum e valutazione/osservazione del lavoro in classe), deve far riflettere sulla necessità di avvicinarsi al tema della carriera docente o, meglio, del possibile riconoscimento (anche differenziato) dei meriti professionali, con estrema cautela e con il necessario consenso degli insegnanti.

 Una vicenda che viene da lontano

Sono tre gli articoli del contratto dedicati a delineare le caratteristiche della funzione docente ed il conseguente profilo professionale (il 26-Funzione docente, il 27-Profilo professionale docente ed il 28-Attività di insegnamento). Tali articoli confermano l’impianto del contratto precedente e sottolineano il carattere di autonomia culturale e professionale cui si ispira la funzione del­l’insegnante, che si esplica intrecciando la dimensione individuale (nell’ottica della ricerca permanente e della discrezionalità delle scelte didattiche) e quella collegiale (legata alla dimensione della scuola come comunità professionale). Nel nuovo testo, questo secondo aspetto viene enfatizzato e potenziato, con il richiamo ad alcune caratteristiche tipiche di un ambiente di lavoro culturale a forte valenza cooperativa. Infatti, appaiono per la prima volta, riferimenti a:

  • attivazione di processi di confronto e di intesa;

  • definizione di obiettivi di apprendimento condivisi per ciascuna classe e disciplina;

  • modalità di comunicazione dei risultati scolastici alle famiglie.

Così, nella declaratoria delle competenze del docente, accanto alla riconferma delle dimensioni “disciplinari, psicopedagogiche, metodologico-didattiche, organizzativo-relazionali e di ricerca” si aggiungono quelle legate alla “documentazione e valutazione”.

Immaginiamo che ciò avvenga in sintonia con quanto previsto nel pregevole paragrafo dedicato alla valutazione formativa delle Indicazioni per il curricolo (Dm 31-7-2007), ove questo fondamentale aspetto della funzione docente si carica di una valenza riflessiva, di regolazione dell’azione didattica, di stimolo al miglioramento dei processi di apprendimento (per gli allievi) e di quelli organizzativi (se applicati all’organizzazione scolastica). Certamente questa precisazione contrattuale tiene conto del maggior peso che le operazioni connesse alla valutazione hanno via via assunto nella esplicazione della funzione docente (si pensi al nuovo sistema di recupero dei “debiti”, al tema della certificazione delle competenze, alle novità in materia di prove di esame).

Oggi si assiste ad una forte enfasi sul momento della valutazione (a tutti i livelli: degli apprendimenti, dell’organizzazione, del sistema), considerata una strategia necessaria per lo sviluppo qualitativo della scuola. Va citato il recente decreto-legge 7 settembre 2007 (con­vertito con legge 25 ottobre 2007, n. 176), nel cui testo coordinato, viene dato ampio spazio alla valutazione di sistema, dando mandato al Sistema Nazionale di Valutazione di “effettuare verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti … nonché altre rilevazioni necessarie per la valutazione del valore aggiunto realizzato dalle scuole” (articolo 1 comma).

 Il docente, un professionista riflessivo

Il nuovo Contratto di Lavoro vuole promuovere l’immagine di un insegnante professionista autorevole, che consolida una propria biografia professionale se entra in un ciclo vitale di crescita culturale; il chè comporta la partecipazione ad una pluralità di esperienze (il “normale” insegnamento, la progettazione dell’offerta formativa, la ricerca didattica, le attività di aggiornamento e formazione in servizio, ecc.). Decisiva appare, però, la capacità di riorganizzare e migliorare le proprie esperienze di lavoro attraverso un approccio cognitivo-riflessivo, che rimette in gioco le risorse cognitive ed emozionali.

Questo principio è affermato anche dal Contratto quando (all’art. 27) precisa che le competenze dei docenti si sviluppano “col maturare dell’esperienza didattica, l’attività di studio e di sistemazione della pratica didattica”.

L’insegnante, dunque, non è un bricoleur, perché non si limita ad utilizzare repertori e tecniche senza capitalizzarle, ma riflette sulle pratiche con strumenti concettuali sempre più affinati. Quello del docente è un lavoro ad ampio spettro. Le sue dimensioni sono definite da saperi (le competenze), valori (le responsabilità), riflessività (la consapevolezza).

Al centro della professione docente c’è una responsabilità pubblica, che si esplica nell’etica del lavoro ben fatto, nell’impegno educativo verso i ragazzi, nella formazione di persone e cittadini consapevoli ed attivi.

Questa funzione viene delineata dal nuovo Contratto, che rivitalizza le indicazioni dei precedenti contratti, in chiave culturale e didattica, soprattutto nel nuovo art. 31, dedicato a ricerca e innovazione.

La dimensione culturale della professione docente comprende senza dubbio la padronanza dei nuclei fondamentali delle discipline oggetto di insegnamento, cioè delle conoscenze essenziali, dei quadri concettuali, della connessione di informazioni e nozioni riferibili a specifici contenuti disciplinari. Tale padronanza si estende alle conoscenze di tipo procedurale, di tipo immaginativo, di tipo rappresentativo, assai ricche sotto il profilo formativo ed indispensabili sul piano professionale.

L’insegnante non si limita ad utilizzare repertori di strumentazioni utili a gestire l’inse­gna­mento, ma ritorna sulle esperienze quotidiane in termini di riflessività. Inoltre è orientato da una spiccata sensibilità clinico-pedagogica, che gli consente, ad esempio, di “vedere” come il contesto implicito della classe condizioni la dinamica insegnamento-apprendimento e di interrogarsi sulle trasformazioni degli allievi che ha di fronte (il loro universo comunicativo, l’immagi­nario mass-medio­logico, gli stili di vita) e sulle loro differenziate esigenze.

Le competenze didattiche comportano la focalizzazione sulla organizzazione della classe, sull’uso del tempo, sulle forme di raggruppamento dei ragazzi, sulle dinamiche relazionali, sugli stili comunicativi. L’insegnante dovrà padroneggiare le tecniche della trasmissione culturale, della comunicazione, della relazione educativa (da come si gestiscono i materiali didattici a come si lavora sul testo del manuale, a come si migliora il clima nella classe).

In definitiva, è sempre più necessario che il docente mantenga un rapporto “adulto” con la propria disciplina di insegnamento, curando relazioni costanti con i centri di ricerca, le università, le riviste specializzate, le frequentazioni culturali. Sarebbe perciò auspicabile -come si fa nella citata Intesa del 27 giugno 2007- consentire ai docenti di fruire di benefit per l’ac­quisto di libri, la frequentazione di manifestazioni culturali, musei, ecc. Va, dunque salutata con favore, il riconoscimento di un primo sgravio fiscale (pari al 19% della spesa per l’autoformazione e l’aggiornamento -fino ad un tetto di 500 euro annui) concesso ai docenti nella legge finanziaria per il 2008 (comma 207 della legge 24 dicembre 2007, n. 416).

 Insegnanti in carriera o insegnanti di qualità?

Nel profilo professionale del docente vengono confermati i concetti di libertà di insegnamento, libertà di scelta, libertà metodologica, termini citati in capo all’articolo 28 del nuovo Contratto: ma al di là di questi riconoscimenti dovuti, servirebbero premesse organizzative e professionali più convincenti per fondare l’identità e la progettualità collegiale di ogni istituto scolastico.

Il nucleo essenziale della professione docente è focalizzato sulla dimensione insegnamento/apprendimento e quindi essere finalizzato all’efficacia dell’apprendimento degli allievi. Ma, proprio in questo intreccio sta la difficoltà ad elaborare un profilo professionale che non sia semplicemente la registrazione del “curriculum vitae”, ma che provi a far affiorare qualità dell’insegnamento difficilmente osservabili, come ci ricordano gli studi dell’Ocse.

 

Gli insegnanti efficaci: una ceck-list dell’OCSE

 

  • accuratezza nella preparazione delle lezioni;

  • selezione appropriata dei materiali;

  • definizione chiara di obiettivi agli studenti;

  • mantenimento della disciplina in classe;

  • costante verifica del lavoro degli studenti;

  • ripetizione della lezione in caso di difficoltà;

  • buon uso del tempo;

  • fiducia nelle capacità di apprendimento degli studenti;

  • convinzione nella propria responsabilità nell’apprendimento degli studenti;

  • condivisione degli scopi dell’istruzione con i colleghi;

  • essere d’accordo sul fatto che lo scopo della scuola sia promuovere l’apprendimento
    degli studenti;

  • forte impegno nel successo accademico degli studenti;

  • strette relazioni collegiali;

  • flessibilità, creatività, adattamento delle proprie capacità di insegnamento ai bisogni
    degli studenti;

  • uso di diverse strategie di insegnamento;

  • uso di diversi stili di interazione,

  • chiarezza espositiva ed argomentativi;

  • comportamento orientato all’impegno;

  • uso dei suggerimenti e delle idee degli studenti.

 

Fonte: Documento ARAN, 18-12-2003, cit.

  In un ideale curriculum del docente dovrebbero essere “pesate” le competenze “disciplinari” 12, da cui si articolano ulteriori sfaccettature del profilo del docente (metodologiche, relazio­nali, comunicative, pedagogiche, organizzative, di ricerca), che sono ormai ampiamente condivise. Piuttosto che gli incarichi aggiuntivi, torna la centralità dell’aula, con tutta la proble­maticità della sua “opacità”. Non basta saper mostrare all’esterno (attraverso report, dossier, portfolio): le ostentazioni ripetute non hanno quasi mai un’effettiva rispondenza nei comportamenti didattici quotidiani.

In alcune situazioni sperimentali si sta diffondendo l’utilizzo di una sorta di portfolio per i docente Un simile strumento dovrebbe aiutare i docenti a documentare i passaggi salienti del cambiamento professionale (“la traiettoria della ricaduta professionale dei cambiamenti”). Andrebbe quindi impostato all’inizio del percorso di carriera13., non essere utilizzato per discriminare - ad un certo punto della vita professionale - tra insegnanti più o meno capaci, più o meno motivati.

L’elaborazione di un portfolio, soprattutto per l’esigenza di una preventiva messa a punto di un profilo “virtuoso” del docente, può rappresentare uno stimolo a riconsiderare in modo amichevole i temi della professionalità docente, della sua valutabilità, delle possibili conseguenze di un curriculum professionale differenziato. Il portfolio, comunque, in questa fase dovrebbe limitarsi ad essere uno strumento a sostegno dello sviluppo professionale (…cosa so fare, quali sono le mie risorse, come rilevo i miei punti deboli, come posso costruirmi un piano formativo personale…), piuttosto che essere interpretato come uno strumento di valutazione esterna del lavoro di un docente14.

Occorre, comunque, favorire la documentazione delle azioni didattiche compiute in classe, delle lezioni o comunque di esperienze e ricerche condotte sul campo. E fa piacere, trovare nel nuovo profilo contrattuale uno specifico spazio destinato alle attività di documentazione didattica (art. 27).

 I tempi ed i luoghi dello sviluppo professionale

Ma torniamo ai nostri dati di realtà. Le ipotesi sullo sviluppo professionale devono tenere conto del nuovo contesto determinato dalla scuola dell’autonomia e dall’affidamento alle scuole di notevoli responsabilità nella costruzione e gestione dell’offerta formativa. L’impegno lavorativo, pertanto, si esplica con modalità assai articolate che comprendono, come rammenta l’art. 29 (Attività funzionali all’insegnamento), “tutte le attività, anche a carattere collegiale, di programmazione, progettazione, ricerca, valutazione, documentazione, aggiornamento e formazione, compresa la preparazione dei lavori degli organi collegiali, la partecipazione alle riunioni e l’attuazione delle delibere adottate dai predetti organi”.

Si tratta di adempimenti individuali (preparazione lezioni, correzione elaborati, ecc.), di attività collegiali connesse al funzionamento del collegio dei docenti (fino a 40 ore), alla partecipazione agli altri organi collegiali (fino a 40 ore), agli scrutini ed esami.

La professione docente, in questo nuovo contesto, si sviluppa in almeno tre luoghi diversi:

  • nella classe, a contatto con gli allievi, affinando le conoscenze sull’apprendere, sulla qualità del contesto, sulla cura della relazione. Il contratto ne prende atto e, al di là della scontata riconferma delle prestazioni orarie frontali nei suoi diversi risvolti (recupero, individualizzazione, supplenze, compresenza, assistenza alla mensa, ricreazione - articolo 28 -) focalizza l’attenzione sul lavoro d’aula. Anzi, viene prefigurato (art. 31) un meccanismo per dirottare risorse aggiuntive verso le scuole che dimostrino di conseguire “progressi significativi in termini di apprendimento degli alunni” come scarto positivo rispetto alle “condizioni iniziali di contesto”;

  • nella scuola, utilizzando i nuovi spazi progettuali offerti dall’autonomia, che implica un processo continuo di ricerca, progettazione, autovalutazione; occorre infatti saper progettare l’azione formativa, gestire la flessibilità, valutare i risultati, ecc.; in questo settore è presente la maggiore novità contrattuale, con un intero articolo -il 31- dedicato alla ricerca e innovazione. Si parla di processi di innovazione, nonché di ricerca educativo-didattica e valutativa finalizzata al lavoro d’aula ed al miglioramento dei livelli di apprendimento;

  • nel territorio, perché si amplia l’ambiente di apprendimento, per i ragazzi ma anche per gli insegnanti; nascono progetti collaborativi esterni, che si avvalgono delle nuove tecnologie e dei nuovi ambienti virtuali. Nel nuovo Contratto si manifesta una cauta apertura verso collaborazioni esterne che i docenti possono prestare presso altre scuole statali, per l’amplia­mento del curricolo ed il recupero -artt. 32 e 35- o in raccordo con le Università, per l’orientamento e il tirocinio -artt. 42-43.

Si tratta di un processo che coinvolge i singoli, ma li “coglie” in un contesto di pratiche comunitarie, nella scuola intesa come istituzione pubblica.

 Il nocciolo duro della professione docente

In sintesi, prima di arrivare al nocciolo qualitativo della professione (e forse, proprio per arrivarci) è necessario “far affiorare” le diverse caratteristiche del lavoro dei docenti. Le ipotesi di articolazione e differenziazione della professionalità possono prendere il via solo da una più attenta considerazione del curriculum professionale dell’insegnante (anche attraverso lo strumento del portfolio), che dovrebbe comportare ricadute giuridiche ed organizzative sulla “carriera docente”.

È importante, allora, che un curriculum (ed il portfolio che può documentarlo) non sia proiettato solo sugli incarichi di tipo organizzativo o sulle esperienze “fuoriscuola” (corsi di formazione, specializzazioni accademiche, ecc.), ma provi a dare consistenza - attraverso adeguate forme di documentazione - alla qualità delle esperienze che si realizzano in classe, nelle quotidiane attività di insegnamento.

 

Mappa del curricolo professionale

1. Lavoro d’aula

(saperi disciplinari, mediazione metodologico-didattica, saperi psicopedagogici e organizzativi, altri....)

Attività
e processi

Materiali
e prodotti

Riflessione
e valutazione

2. Lavoro in team

(attività di programmazione, attività multi e interdisciplinari,, mediazione metodologico-didattica, saperi psicopedagogici e organizzativi, comunicazione e relazione, altri...)

Attività
e processi

Materiali
e prodotti

Riflessione
e valutazione

3. Organizzazione della scuola

(comunicazione e relazione, organizzazione)

Attività
e processi

Progetti di
formazione
e aggiorna-mento

Riflessione
e valutazione

4. Ricerca e sviluppo

Attività
e processi

Prodotti
e materiali

Riflessione
e valutazione

Fonte: Elaborazione a cura di M.C. Mignatti e G.Santarelli15.

 La delineazione di un portfolio del docente, cioè di un sistema per “raccogliere” gli eventi più significativi del curriculum professionale, non può essere solo rivolta a ricostruire il passato, ma deve stimolare il docente a proiettare in avanti la propria vita professionale, a prendere decisioni importanti per il proprio insegnamento. L’obiettivo è di dare concretezza alla prospettiva di uno “sviluppo professionale” auto-diretto. I riconoscimenti ai “meritevoli” (gli incentivi) potrebbero anche essere offerti in “natura”: periodi sabbatici, formazione e stages pre-pagati, opportunità culturali, benefit, anche perché non tutti gli insegnanti sono al momento d’accordo sull’idea di una “carriera” che differenzi stabilmente le posizioni stipendiali.

  Si insegna meglio se si “fa ricerca”

Il “sapere pratico-riflessivo”, maturato nelle dinamiche di una comunità professionale viva, rappresenta la specificità maggiore dell'essere insegnanti. Anzi, esso dovrebbe diventare un “sapere” riconosciuto, proprio grazie alle attività di ricerca che vedono come diretti protagonisti i docenti. Già il profilo professionale del docente comprendeva l’area della ricerca (fin dai decreti delegati del 1974, uno dei quali era specificamente dedicato alla ricerca e alla sperimentazione). La novità del Contratto 2006-2009 sta nella previsione di specifiche risorse finanziarie dedicate a sostenere la ricerca degli insegnanti. Se ne parla, dunque, negli articoli relativi al profilo docente, ma soprattutto nei dispositivi economico-retributivi, in particolare all’art. 88 relativo alle indennità e compensi a carico del fondo di istituto. Ricerca e valutazione sono due nuove filiere per le quali vengono finalizzate risorse finanziarie aggiuntive. Infatti le priorità nella destinazione del fondo di istituto sembrano privilegiare l’impegno didattico in termini di “flessibilità, attività laboratoriali, ore aggiuntive di insegnamento, di recupero e di potenziamento”. Viene poi espressa la raccomandazione di evitare la frammentazione del progetto di istituto in una miriade di “progetti” (secondo una prassi che si è assai estesa nelle scuole, anche per la ricerca affannosa di risorse finanziarie per l’istituzione e per i singoli). Ben venga, dunque, il richiamo all’unitarietà della progettazione nell’ambito del POF.

Tra le novità del contratto, c’è appunto la sottolineatura (art. 88, co. 2, lett. a) dell’impegno professionale in aula, connesso alle innovazioni e alla ricerca didattica. Si tratta di dare strumenti alle istanze che da ormai dieci anni vengono affermate dal regolamento dell’autonomia (Art. 5 del Dpr 275/99) alla voce “flessibilità organizzativa e didattica”. Si legge, però, una tensione nuova, più attenta alle ragioni degli allievi, del loro apprendimento, delle loro motivazioni, piuttosto che ad aride progettazioni tutte proiettate sull’organizzativo e l’aggiuntivo.

Si tratta, dunque, di costruire un ambiente “educativo” di apprendimento, riscoprendo la centralità della motivazione, delle emozioni, del dare un “senso” all’esperienza della scuola (oggi il 38 % dei ragazzi vive male la scuola). Significa promuovere uno scenario scolastico positivo, di fiducia, di recupero della comunicazione, di sostegno all’impegno, alla fatica. Quante volte siamo stati invitati ad interrogarci sulla fragilità dei nostri allievi, figli dell’in­sicurezza, bisognosi di protezione, immersi nei riti del consumismo. Ragazzi spesso tristi, con nuove patologie dell’anima, colpiti da potenziale riduzione del lessico e delle emozioni. Occorre farli vivere a scuola, aiutarli ad andare oltre la loro quotidiana passività di spettatori televisivi. Una scuola “viva” fa “vivere” tutte le trame della relazione, necessarie per crescere (incontri, scontri, ferite, successi…).

Tutto questo non può essere una velleità pedagogica, una fuga romantica ma inutile, affidata alla sensibilità dei docenti, ma assume i caratteri di una vera e propria sfida professionale. Puntare sulla “qualità” della relazione non significa solo prendersi cura dell’altro, anche se è bella la definizione heideggeriana della “cura” come “preoccupazione” (“I care”). Cura è ascolto, accompagnamento, attenzione, tenerezza, empatia, disponibilità, ecc.; ma “cura” significa anche prendersi cura della conoscenza, dell’imparare a ragionare insieme utilizzando il contributo di tutti, stimolando capacità critiche e creative, sviluppando competenze linguistiche nel confronto dialogico, nella narrazione.

Tutto ciò richiede una grande cura del clima, la costruzione della classe, la gestione della regia educativa, la facilitazione dell’accesso alla conoscenza, anche riscoprendo le ritualità protettive dell’ambiente scuola (la vicinanza “empatica”, i tempi distesi, il silenzio come condizione dell’ascolto, le ricorsività dei comportamenti).

La scuola è un ambiente plurale, di persone, di corpi, di lingue, di culture, di vissuti. Questo contesto sociale crea nei bambini entusiasmo, piacere di stare insieme che noi dobbiamo trasformare nel piacere di apprendere, di conoscere. Insieme a scuola possiamo conoscere, studiare, rispettare le nostre identità. Forse costruirne una nuova.

 La professionalità docente si articola

Sono ormai gli insegnanti stessi a riconoscere che “la funzione docente si va sempre più articolando su una pluralità di aspetti: quello disciplinare, quello organizzativo (di progettazione, di ricerca-azione) e quello della gestione delle relazioni e delle problematiche sociali”.

La risposta data a livello normativo, non sempre è considerata adeguata. Si teme, infatti, che le cosiddette funzioni di supporto (es: le funzioni strumentali) si esplichino prevalentemente a livello organizzativo, piuttosto che rappresentare un aiuto alla complessità del lavoro in classe. Emerge dagli insegnanti una domanda di maggior ascolto, di condivisione, di relazione. A queste condizioni si accetta l’idea di uno staff di istituto, cioè di un “gruppo in grado di orientare le scelte culturali e didattiche dell’istituto”, che sappia valorizzare competenze e attitudini dei docenti, ma che sia utile ai fini della crescita della scuola.

Si percepisce che un’organizzazione professionale più articolata (in commissioni di lavoro, con responsabilità intermedie, ecc.) può far emergere una migliore condivisione degli obiettivi del Piano dell’Offerta Formativa, può consolidare l’autonomia e l’identità della scuola, valorizzare il protagonismo dei docenti, anche se rimane il sospetto che la funzione docente possa portare a differenziare i profili professionali, tra chi opera prevalentemente in classe e chi tende invece ad occupare posizioni di supporto, nel back-stage, allontanandosi dalla classe, cioè dal “cuore” della funzione docente.

Un primo quesito da porre, dunque, riguarda la possibilità di conciliare la “normalità” dei compiti di insegnamento, con la “straordinarietà” di funzioni intermedie, al servizio della scuola piuttosto che della propria classe, senza che quest’ultimo sia percepito come un tradimento o un appesantimento burocratico, ma come un possibile miglioramento del proprio insegnamento. Ci si dovrebbe chiedere: quanti minuti di organizzazione, progettazione, comunicazione, documentazione sono incorporati in una “buona” ora di lezione?

 Ripensare le “funzioni strumentali”

La realtà della scuola, comunque, vede oggi la presenza di diverse articolazioni della funzione docente (in genere: funzioni “strumentali”, referenti di commissioni, responsabili di progetto, collaboratori del dirigente). Le funzioni strumentali sembrano acquisire un peso istituzionale più forte delle altre figure, anche se sono viste prevalentemente come un supporto al dirigente piuttosto che agli insegnanti. I monitoraggi svolti sul tema disegnano un quadro organizzativo degli istituti scolastici in cui le “funzioni intermedie” assumono un vero e proprio ruolo di cerniera, ovvero di coordinamento funzionale, tra la dimensione più strettamente professionale e quella organizzativa e gestionale dell’istituto.

Emerge l’esigenza di uno stretto legame tra nuove funzioni e collegialità docente: l’impegno alla condivisione professionale, la corresponsabilità, la pari dignità delle funzioni rappresentano solidi valori professionali per i docenti ed occorre dunque tenere conto di questa “percezione” nel delineare nuove articolazioni funzionali della docenza (funzioni, piuttosto che “figure”, almeno in questa fase). Si tratta, pur sempre, di valorizzare il “patrimonio professionale dei docenti” come risorsa fondamentale della scuola dell’autonomia.

Il collegio dei docenti è ancora la sede che assicura legittimazione alle nuove funzioni attribuite dal Contratto di Lavoro. L’art. 33 del CCNL conferma che le funzioni strumentali “sono identificate con delibera del collegio dei docenti in coerenza con il piano dell’offerta formativa che, contestualmente, ne definisce criteri di attribuzione, numero e destinatari”. Questo dato segnala la naturale ambivalenza della stessa figura di “funzione strumentale”, stretta tra il richiamo dello staff (cioè il sentimento di appartenenza al gruppo dei collaboratori del dirigente scolastico, una sorta di “quadro intermedio”) ed il legame con la propria componente professionale (il collegio). In questo modello intermedio, in fase di evoluzione, i docenti con incarichi formalizzati si presenterebbero come il gruppo di “interpreti” delle potenzialità di leadership culturale ed organizzativa degli insegnanti, darebbero cioè “voce” ad una capacità di “governo della didattica” riconosciuta ai docenti, ma difficile da esprimere nelle attuali forme di indistinta collegialità.

Il contratto ribadisce una certa “libertà di manovra” di ogni scuola nel configurare le funzioni di supporto, ben al di là dei rigidi profili definiti nel Contratto Nazionale Integrativo del 31-8-1999. Questa maggiore libertà potrebbe consentire soluzioni assai originali nel campo dell’organizzazione didattica, fermo restando l’impegno a presidiare funzioni “vitali” per interpretare l’autonomia nell’ottica della costruzione del curricolo di scuola.

La scuola dell’autonomia richiede:

  • una maggiore razionalità e migliore utilizzo delle risorse professionali interne per la qualificazione del sistema scolastico (sono da presidiare le aree della formazione, dello sviluppo professionale, della ricerca, dell’empowerment);

  • una maggiore circolazione dell'informazione all'interno della scuola (funzionale ad un processo decisionale più consapevole e condiviso) e all'esterno della scuola, con l'utenza e con gli Enti territoriali di riferimento (sono quindi da sviluppare le dimensioni della “governance” interna ed esterna all’istituto, la capacità di concertare, condividere, cooperare);

  • il miglioramento della documentazione con l'obiettivo di una maggiore trasferibilità e rendicontabilità delle azioni intraprese, anche mediante un più sicuro utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (sono quindi da valorizzare le aree della valutazione, della documentazione, delle nuove tecnologie).

 Verso una organizzazione che apprende

L’esperienza delle funzioni obiettivo16 dimostra che dall’azione di uno “staff” di figure intermedie ci si possono attendere alcuni risultati interessanti, quali:

  • maggiore livello di coordinamento interno

  • attivazione di un livello intermedio di consulenza e gestione

  • funzionamento più efficace dei meccanismi decisionali

  • maggiore conoscenza e controllo delle azioni intraprese.

Nei casi migliori le figure di raccordo coordinano gruppi e attività previste nel piano del­l’offerta formativa, per le quali agiscono su delega del Collegio dei docenti e con specifici compiti.

Si tratta di agevolare la costruzione di rapporti positivi interni alla scuola, non solo in termini di qualità relazionali e umane, ma piuttosto come sviluppo di un’attitudine all’appren­dimento continuo della propria organizzazione), verso l’esterno (con la capacità di costruire responsabilità diffuse nell’ecosistema formativo), e con la predisposizione di risorse organizzative e didattiche per stimolare e accompagnare l’assunzione di nuovi compiti professionali.

La funzione di “supporto professionale all’aula” implica il superamento di un approccio prevalentemente “organizzativistico” in favore di azioni che si dovrebbero riferire a:

- creazione o individuazione di supporti didattici (materiali)

- divulgazione di informazioni, risorse, idee;

- affiancamento e consulenza tecnica alla “messa in opera”

- collegamento con l’ambiente esterno e reperimento di nuove risorse;

- esplorazione dei nuovi bisogni e delle possibili risposte organizzative, metodologiche e didattiche.

Queste nuove figure si dovrebbero caratterizzare come elemento trainante di una leader­ship collaborativa all’interno dell’istituzione scolastica, come una “nervatura” pensante in grado di orientare i processi di innovazione e di sviluppo. In questa ottica si può ipotizzare anche l’evoluzione delle attuali “funzioni obiettivo/strumentali” verso l’idea e la pratica di uno staff allargato, di interfaccia tra “dirigenza” e “docenza”, capace di stimolare un ambiente scolastico sotto il profilo culturale e professionale.

 Tre schede di documentazione


Scheda 1 - Gli esiti dei lavori della Commissione di cui all’art. 22 del CCNL 2002-2005

Premessa

La Commissione, proprio per la natura e la problematicità dei temi in oggetto - come evi­denziato anche dalle ricerche internazionali - ha scelto di predisporre, attraverso dibattiti e riflessioni comuni, un documento di ricognizione su alcune ipotesi di sviluppo della carriera professionale dei docenti, aperto alla discussione e alle proposte del personale interessato per coinvolgerlo nelle scelte. Tali scelte attengono ad alcuni obiettivi primari e tra loro connessi, in particolare:

• il riconoscimento della professionalità docente quale risorsa primaria per l'intero sistema dell'istruzione e della formazione;

• la definizione di nuove opzioni ed opportunità di sviluppo professionale per i docenti volte a valorizzarne impegno e specificità;

• il raggiungimento di più elevati livelli d'istruzione per gli studenti;

• il miglioramento complessivo del sistema istruzione.

I seguenti enunciati devono ritenersi comune denominatore trasversale all'intero documento, indipendentemente dalle variabili che lo caratterizzano:

• il MIUR deve assumere impegni precisi in ordine alle risorse finanziarie necessarie, sia pure nella gradualità, alla realizzazione dell'accordo;

• le risorse di cui al precedente punto devono essere di natura aggiuntiva a quelle contrattuali ordinarie, ovvero non deve trattarsi di una ridistribuzione dell'esistente o dell'impiego di economie di bilancio previste dalle precedenti finanziarie;

• ogni possibile accordo sul modello in discussione dovrà essere assunto con un negoziato da attuarsi entro il biennio 2004-05, e comunque previa consultazione della categoria;

• la sequenza contrattuale relativa all'attuazione dell'ari 22 del CCNL non ha alcuna attinenza con quanto previsto dall'ari 43 dello stesso CCNL.

L'Appendice costituisce un mero strumento di supporto e di consultazione in ordine a dati conoscitivi utili per la materia in esame.

 

Modello di sviluppo e di articolazione per la carriera del personale docente

L'attuale quadro normativo ribadisce il riconoscimento dell'unicità della funzione docente, in quanto organicamente connessa con le finalità istituzionali della scuola. Al contempo, a fronte dei processi d'innovazione e di trasformazione in atto, la professionalità docente è articolabile in una pluralità di competenze riconoscibili nell'ambito della normativa vigente.

L'individuazione di uno sviluppo di carriera dei docenti, con l'introduzione di una dinamica retributiva e professionale cui ogni docente può volontariamente aderire non legata al solo indicatore dell'anzianità di servizio, richiede quindi che si considerino tutti quegli aspetti che caratterizzano la storia professionale di un docente: l'esperienza, il sistema dei crediti, la valutazione come supporto all'attività didattica e verifica degli esiti e la previsione di una fase transitoria.

Tra gli strumenti a tal fine necessari si conviene che l'istituzione di un sistema nazionale di valutazione del sistema scolastico possa costituire un utile strumento da intrecciare con i processi di valutazione interna.

 Esperienza

L'esperienza, quale sviluppo e consolidamento delle competenze, trova valorizzazione oggi nella progressione economica correlata solo all'anzianità di servizio.

Al fine del progressivo adeguamento delle retribuzioni dei docenti italiani ai parametri europei, si potrebbe ipotizzare che il livello stipendiale massimo, che in Italia si raggiunge al compimento del 35° anno di servizio, sia anticipato secondo la media U.E., verso il 25° anno.

Sembrerebbe, peraltro, opportuno prevedere una progressione, da definire, anche dopo i 25 anni.

 A tal fine si potrebbe piegare la curva dei benefici, attribuendo all'anzianità dopo i 25 anni un valore leggermente inferiore a quello oggi maturato con 35 anni di servizio prevedendo ulteriori incrementi, ad esempio, ogni cinque anni.

L'anzianità di servizio tuttavia, proprio perché allo stato è l'unico fattore che determina la progressione di carriera dei docenti, non può, sia pure in un'ottica di riforma, essere repentinamente svalutata a mero elemento concorrente senza ledere in maniera inaccettabile consolidate aspettative del personale con numerosi anni di insegnamento al proprio attivo.

Diversamente dal disvalore che si tende superficialmente ad attribuire alla "sola" anzianità di servizio, non può negarsi che questa rappresenti al contrario un valore primario proprio perché strettamente connessa alla funzione principale e fondamentale di "insegnare".

Solo all'interno di una politica che tenga in conto tali esigenze è prefigurabile un sistema di carriera dei docenti di tipo flessibile, strettamente correlato alle necessità e alle scelte delle singole scuole in regime di autonomia, in cui la funzione docente incarna la propria specificità con particolare riferimento al lavoro che si svolge in classe con i ragazzi, e come impegno di ricerca, di studio, di disponibilità sul campo e al lavoro non certificato.

 Il sistema dei crediti

Dopo una certa anzianità di servizio la carriera può trovare un'accelerazione subordinata all'acquisizione di crediti formativi e/o professionali che certificano il possesso di competenze afferenti alla funzione docente.

 a) crediti formativi

In una fase di profonda innovazione della scuola, che richiede progressivi adeguamenti e arricchimenti delle competenze professionali, la formazione si qualifica come lo strumento fondamentale che deve accompagnare strutturalmente l'evoluzione professionale del docente.

Pertanto il riconoscimento dei crediti formativi, in vista dell'articolazione e dello sviluppo di carriera dei docenti, potrebbe comportare un ripensamento del modello di formazione in servizio funzionale ad una professionalità attenta all'innovazione ed alla piena attuazione della scuola dell'autonomia favorendo, nel contempo, la personalizzazione ed il continuo aggiornamento di conoscenze e competenze. Ciò consentirebbe, infatti, il loro riconoscimento sulla base di un sistema di attribuzione di punteggi differenti per ciascuna tipologia di credito ai quali correlare corrispondenti parametri di miglioramento economico. Va garantita, inoltre, la spendibilità dei crediti a tutti i livelli d'istruzione e il riconoscimento degli studi compiuti anche nei diversi sistemi europei. Ne discende che la pratica dei crediti formativi dovrebbe consentire:

• la costruzione di un percorso formativo flessibile e coerente con le proprie aspettative di carriera;

• il raccordo tra i percorsi formativi personalizzati e le finalità che il sistema dell'istruzione e della formazione persegue;

• la continuità tra la formazione iniziale e quella in servizio;

• il trasferimento e il riconoscimento dei risultati in tutte le altre istituzioni, oltre la scuola, individuabili su territorio nazionale ed europeo;

• la spendibilità dei crediti in sede concorsuale.

Per l'acquisizione di tali crediti andrebbe evitata la dominanza di una formazione solamente accademica (Università ed Enti di ricerca) in cui non sono adeguatamente valorizzati ambiti fortemente significativi rispetto al ruolo docente, come la scarsa attenzione ad aspetti metodologico-didattici o di tipo relazionale. La certificazione degli stessi non dovrebbe cedere al rischio di un approccio sommativo e/o cumulativo di certificazioni cartacee rispondenti a criteri di tipo burocratico- amministrativo. Va, quindi, valorizzato il ruolo della scuola come ambiente formativo specificamente connotato allo sviluppo della professionalità docente.

I crediti formativi acquisiti potrebbero essere utilizzati dai docenti non solo ai fini della costruzione della carriera ma anche per il conferimento di incarichi professionali nella scuola dell'autonomia.

 b) crediti professionali

II docente può essere altresì chiamato a svolgere attività riconoscibili come crediti professionali in base anche ai percorsi formativi e secondo le necessità delle istituzioni scolastiche.

 Come previsto dal CCNL gli incarichi specifici sono correlati agli ambiti dell'autonomia scolastica e danno diritto ad una retribuzione aggiuntiva; potrebbero, altresì, costituire elemento riconoscibile ai fini dello sviluppo di carriera. Questi comportano in ogni caso un impegno temporale aggiuntivo rispetto all'insegnamento, attività fondamentale del docente.

Sia nel caso dei crediti formativi che di quelli professionali, per realizzare un effettivo innalzamento dei livelli formativi è opportuno che:

• l'aggiornamento professionale sia strumentale alle reali e concrete esigenze rilevate in sede di progettazione ed attuazione del piano dell'offerta formativa, nonché nell'ambito dell'attività didattica;

• la formazione in servizio trovi motivi di stabile raccordo con l'attività di ricerca ed i processi di innovazione che caratterizzano e qualificano la scuola dell'autonomia;

• la qualità dei percorsi formativi riservati ai docenti vada garantita anche attraverso opportune forme di verifica e di validazione contestualizzata.

 Le Università degli studi, ma anche altre agenzie e centri di formazione qualificati, dovrebbero pertanto garantire:

• la continuità tra la formazione iniziale e la formazione in servizio;

• l'aggiornamento continuo e sistematico delle conoscenze;

• l'interazione con altri istituti di ricerca e di alta formazione;

• un rapporto costruttivo e collaborativo con la scuola e con gli insegnanti in servizio.

 Il sistema certificativo dei titoli professionali, in particolare, e segnatamente l'attestazione di quanto il docente ha realizzato nel proprio curriculum formativo, ivi comprese le attività di supporto, dovrebbe essere invece affidato all'istituzione scolastica, realizzando così un'efficace giunzione dei due sistemi. D'altra parte l'istituzione scolastica è l'unica a conoscere che cosa il docente abbia realmente fatto in termini di supporto al POF e, quindi, a poterlo attestare. L'esigenza di trasparenza, oggettività e uniformità di valutazione si potrebbe soddisfare anche attraverso una validazione effettuata a livello territoriale.

 La valutazione come supporto all'attività didattica e verifica degli esiti

In coerenza con la centralità che va attribuita all'attività più direttamente rivolta all'insegnamento, è ipotizzabile un ulteriore meccanismo di carriera strettamente connesso allo svolgimento dell'attività di insegnare, intesa nella sua complessa articolazione tra lavoro d'aula e attività connesse che richiedono impegno, ricerca, aggiornamento individuale e/o di gruppo, autoaggiornamento.

La possibile strutturazione di carriera secondo tutti o taluni dei percorsi sopra suggeriti pone la questione di come la valutazione degli esiti in termini di efficacia del sistema istruzione nel suo complesso, possa essere strumento di supporto per la parte che si affida alla fondamentale funzione dell'insegnare.

Ogni modello di valutazione deve essere strutturato come supporto agli insegnanti nelle fasi della progettazione e della attuazione del Piano dell'Offerta Formativa, deve avere il carattere della condivisione e della trasparenza e non deve avere carattere sanzionatorio; va previsto un riconoscimento in relazione agli esiti e agli impegni professionali legati al POF.

La questione della valutazione può essere suddivisa in due parti, l'una di carattere prevalentemente individuale/soggettivo, relativa cioè al contributo che un docente fornisce all'istituzione scolastica in cui opera, l'altra prevalentemente oggettiva e che riguarda, appunto, l'efficacia dell'azione formativa dell'istituzione scolastica nel suo complesso cui ogni singolo docente contribuisce.

Occorre, altresì, riconoscere che qualsiasi strumento valutativo non può non tener conto dei diversi contesti socio-territoriali e delle diverse condizioni di partenza.

Ciò premesso, la valutazione potrebbe efficacemente realizzarsi attraverso propri strumenti di analisi elaborati e gestiti nell'ambito dell'autonomia della singola istituzione scolastica, che meglio e più motivatamente di qualunque altro soggetto può valutare impegno e qualità, valorizzando anche le attitudini dei docenti.

È necessario che questo avvenga in termini trasparenti, imparziali e condivisi. A ciò può contribuire la valutazione della qualità e dell'efficacia dell'intera istituzione scolastica in relazione alla definizione di standard nazionali.

 Fase transitoria

Bisogna prendere atto che occorre procedere gradualmente nel disegnare una nuova carriera per i docenti.

In questo quadro si dovrà tener conto delle diverse posizioni di anzianità dei docenti al fine di cogliere le legittime aspettative di tutto il personale assicurando opportunità mediante specifici percorsi.

In attesa che i meccanismi di carriera trovino una piena collocazione all'interno del sistema dell'istruzione potrebbe essere considerata la possibilità di attribuire alle scuole in regime di autonomia la titolarità per introdurre opportunità legate alla realizzazione dei Piani dell'Offerta Formativa e criteri per il riconoscimento dell'impegno professionale all'interno della collegialità di ciascuna scuola, in un clima di condivisione.

Tali riconoscimenti potrebbero costituire titolo utile ai fini di una definizione strutturata della carriera.

 Diverse forme di spendibilità

Molti anni di lavoro d'aula comportano l'acquisizione di elevata professionalità spendibile anche all'esterno della scuola.

Per questo è ipotizzabile che un docente possa preferire, ad un certo punto della propria carriera, un minor impegno frontale a favore di altre attività di supporto e di collaborazione in cui la professionalità complessivamente acquisita gioca un importante ruolo di garanzia. Pur escludendo, infatti, l'ipotesi di un totale distacco dall'insegnamento, si può ipotizzare che la carriera docente si caratterizzi per l'opportunità di continuare a insegnare, fare ricerca, attuare metodologie didattiche e formative nelle sedi scolastiche e con la possibilità di sbocchi ed utilizzi esterni, verso l'Università, Scuole di specializzazione, IRRE ed altro ancora come:

• attività di coordinamento (di dipartimento, di progetti di scuola, di rete o di territorio);

• incarichi speciali (formazione di pari, tutorato verso altri insegnanti, orientamento, rapporti scuola-famiglia, laboratori, biblioteca);

• elaborazione di nuovi modelli di metodologie per l'orientamento, la ricerca, la consulenza, la progettazione e la promozione di interventi formativi innovativi.

Non è infine da escludere che aspetti diversamente funzionali all'insegnamento con aree di esperienza specifiche possano dare luogo a figure di sistema a tempo pieno anche connesse al funzionamento di reti di scuole, ad attività specialistiche, di supporto e di alta definizione.

Scheda 2 - Le proposte del Quaderno bianco

(Sintesi a cura di Maria Rosa Maggio)

Formazione iniziale e reclutamento

Nel modificare il sistema di reclutamento e di formazione iniziale per le scuole primarie e secondarie va sfruttata la programmazione a medio e lungo termine del fabbisogno degli insegnanti.

In tale direzione, fermo restando il requisito costituzionale di un concorso pubblico da svol­gersi per l’immissione in ruolo, il nuovo sistema dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:

  1. fissare il numero dei soggetti da ammettere al percorso specialistico post-laurea,

  2. assicurare ai selezionati una formazione adeguata sul piano disciplinare, professio­naliz­zante e di attività di tirocinio

  3. prevedere previo superamento di un concorso, inizialmente un contratto di insegnamento a tempo determinato, da svolgersi sotto la supervisione di insegnanti esperti, al termine del quale dovrà essere effettuata una verifica degli esiti; successivamente, dopo un congruo periodo di insegnamento, seguito da una positiva valutazione degli esiti, un contratto a tempo indeterminato.

Il Quaderno Bianco esprime l’augurio che questa opzione non comporti tempi troppo lunghi tra contratto a tempo determinato e indeterminato tali da non creare infondate aspettative negli aspiranti insegnanti.

 Incentivazione e carriera

Il Quaderno Bianco sottolinea la lentezza della progressione retributiva durante la vita professionale e l’assenza di retribuzioni legate alla qualità dei risultati.

Ipotizza due fattori di incentivazione che potrebbero produrre un miglioramento della qualità dei risultati:

  1. un impegno didattico aggiuntivo in relazione alle necessità scolastiche accertate;

  2. un impegno di insegnamento più motivato da parte degli insegnanti.

Il primo fattore presuppone la caduta dei vincoli che determinano il numero massimo di ore di insegnamento aggiuntivo e la definizione dei criteri e dei meccanismi in base ai quali possono essere individuati gli insegnanti ai quali affidare le ore aggiuntive di insegnamento.

Il secondo fattore tocca la questione più complessiva della motivazione e della carriera degli insegnanti. A tale riguardo vanno individuati sistemi di incentivazione e valorizzazione e progressione di carriera per gli insegnanti,e incentivi per le scuole che sulla base delle verifiche effettuate conseguano progressi significativi in termini di competenze degli studenti.

La strada appropriata per conseguire gli obiettivi è quella della misurazione dei progressi e della valutazione del contributo della scuola a quei progressi, per non cadere in rigidi automatismi. È solo a questo tipo di valutazione che sarebbe possibile e ragionevole collegare la retribuzione accessoria, promuovendo anche uno spostamento degli insegnanti migliori verso le scuole peggiori.

Si tratta di trovare i metodi migliori per attuare questi indirizzi.

 Assegnazione degli insegnanti alle scuole

Per il Quaderno Bianco, al fine di consentire un incontro più efficiente fra competenze e aspirazioni dei singoli insegnanti ed esigenze delle scuole, è necessario anche ricercare nuovi meccanismi che consentano ad una scuola, una volta che siano definite le competenze di cui ha bisogno, di avere un ruolo nella identificazione degli insegnanti che meglio possono soddisfarla nei posti che man mano si rendano disponibili; così come ogni insegnante ha un ruolo nella identificazione della scuola che meglio può soddisfare le proprie aspirazioni.

Vengono ipotizzati meccanismi innovativi che consentano alla scuola di avere un ruolo nella scelta degli insegnanti anche utilizzando il Team di supporto [gruppo di consulenza che interagisce con la scuola, analizzando gli esiti delle valutazioni di sistema, ndr].

Quest’ultimo infatti potrebbe identificare le caratteristiche dei nuovi insegnanti destinati ad occupare i posti disponibili.


Scheda 3 - una Road-map per il rilancio della professionalità docente

 

Enunciati

Potenziali indicatori operativi

1) L’insegnante è un professionista “colto, riflessivo, ricercatore, progettista”.

- Utilizzare gli spazi offerti dall’autonomia di ricerca e sviluppo;

- operare nella prospettiva dello “sviluppo professionale” continuo;

- definire un profilo professionale in termini operativi e strutturarlo per standard.

2) È necessario rendere “visibile” il lavoro dell’insegnante, che non si esplica solo nell’attività d’aula.

- avviare nuove prospettive di contrattazione, che portino anche a forme differenziate di rapporti di lavoro, basate sul riconoscimento del tempo dedicato al lavoro:

  1. insegnante con orario parziale;

  2. insegnante con orario didattico ordinario;

  3. insegnante con tempo pieno (didattica + attività di supporto)

- confrontare gli standard europei della professionalità.

3) La scuola autonoma offre occasioni di crescita professionale (individuale e collegiale), ma richiede elevati livelli di competenza.

- negoziare le condizioni che consentono di sostenere la progettualità individuale e collegiale (tempo, incentivi finanziari, benefit);

- valorizzare gli spazi di progettualità all’interno e all’esterno della scuola (gruppi formali e gruppi informali).

4) La formazione continua in servizio deve rappresentare l’occasione per una “svolta nella professione”.

- superare le attuali formule dell’aggiornamento;

- articolare la formazione dei docenti in un sistema di opportunità di crescita personale, che comprenda:

  1. forme di consulenza in situazione (a scuola);

  2. attività approfondite e differenziate (personali)

  3. reti e comunità virtuali di insegnanti ricercatori

- definire i criteri di qualità di una buona formazione (standard, qualificazione formatori, accreditamento soggetti, documentazione ecc).

5) Ogni insegnante ha diritto ad un proprio portfolio delle competenze: un curriculum formalizzato con conseguenze sulla propria carriera.

- il curriculum documenta gli eventi più significativi della propria traiettoria professionale;

- certifica le attività di ricerca, formazione, innovazione a cui si partecipa;

- documenta la qualità dell’esperienza didattica;

- registra le responsabilità via via assunte all’interno della scuola;

- l’insieme di questi crediti determina un diverso profilo di carriera (es.: docente master).

6) Gli insegnanti “migliori” vanno riconosciuti e valorizzati, come risorsa della scuola.

- affidare responsabilità didattiche agli insegnanti più preparati (coordinamento gruppi disciplinari, formazione, tutoraggio dei neo-docenti, valutazione, ecc.

7) Occorre un maggior dinamismo nella professione docente, anche offrendo la possibilità di svolgere funzioni diverse, dentro e fuori la scuola

- ripensare alle attuali modalità di svolgimento dell’incarico di figure intermedie;

- rendere possibile lo svolgimento di nuove funzioni all’interno della scuola (coordinatore pedagogico, documentarista, ecc.);

- facilitare l’accesso a ruoli differenziati esterni (tirocinio universitario, gestione centri servizi e laboratori, carriera dirigenziale, ecc.).

8) La professione cresce se viene sostenuta da supporti interni alla scuola e da servizi territoriali vicini agli insegnanti e non burocratizzati.

- costituire presso ogni scuola un dipartimento per la ricerca, la formazione, la documentazione;

- attivare laboratori territoriali, Centri di consulenza come punto di riferimento di reti di scuole, anche per specifici temi didattici e professionali, valorizzando la collaborazione anche temporanea dei migliori docenti;

- promuovere la cultura di rete.

9) Gli insegnanti devono poter disporre di forme di rappresentanza professionale, scientifica e culturale, per “governare” lo sviluppo dei curricoli nazionali e per decidere sulla loro professionalità.

- costituire un’agenzia (board, council) nazionale del curricolo, con rappresentanza degli insegnanti e degli esperti scientifici, come sede permanente per la verifica, l’adattamento e lo sviluppo delle indicazioni curricolari;

- costituire un forum nazionale consultivo delle associazioni professionali, come sede di elaborazione e proposta di idee qualificate e condivise sulla professione docente.

 

(elaborazione a cura di Giancarlo Cerini)

1 Ministero dell’Economia e delle Finanze-Ministero della Pubblica istruzione, Quaderno bianco sulla scuola, settembre 2007. Il documento è prelevabile sul sito del MPI: www.istruzione.it .

2 Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, Ministro dell’Economia e delle Finanze, Ministro della Pubblica istruzione, Organizzazioni sindacali, Intesa per un’azione pubblica a sostegno della conoscenza, 27 giugno 2007.

3 Secondo gli indicatori per il 2010, alla base del processo di Lisbona (marzo 2000), mentre le condizioni di accesso al sistema scolastico risultano in via di miglioramento (i termini di tassi di scolarizzazione e di successo), la “qualità” della formazione, misurata nelle ricerche internazionali, presenta un trend negativo. Ad esempio, nella rilevazione OCSE-PISA del 2006 il 26 % di allievi di 15 anni presenta - in lettura - un livello di preparazione di base non soddisfacente (livello 1 o inferiore), rispetto al 24 % del 2003 ed al 19% del 2000. Ciò che più impressiona è il divario tra le diverse aree regionali del nostro paese, con gli stessi dati che oscillano dal 16% del nord-est (con un risultato migliore della media Ocse, che è pari al 20%) al 39% del sud e isole. La stessa tendenza si manifesta anche considerando i valori medi o le eccellenze, analogamente anche in matematica e scienze (che assieme a italiano erano le tre discipline oggetto di indagine).

4 Non si tratta solo di studiare le soluzioni tecnicamente realizzabili, ma di affrontare pregiudiziali profonde, come quelle poste da chi ritiene che un qualsiasi processo di differenziazione tra i docenti (anche se ben strumentato) abbia conseguenze negative sul piano dell’immagine professionale, quasi un germe “competitivo” in grado di corrompere i rapporti educativi paritari e disinteressati.

5 L’ARAN presentò in data 18-12-2003 un proprio documento di riflessione sul tema della “carriera docente”, corredato di numerosi dati comparativi sulla situazione in alcuni paesi europei. Il riferimento scientifico del documento è agli studi dell’OCSE che individuano alcuni indicatori della attrattività dell’insegnamento: retribuzione, sviluppo di carriera, incentivi basati sul merito, condizioni di lavoro, status professionale, possibilità di gestire situazioni personali, formazione e certificazioni, disponibilità di posti (cfr. Paulo Santiago, La domanda e l’offerta di docenti: migliorare la qualità dell’insegnamento e sopperire alla carenza di docenti, Ocse, dicembre 2002).

6 Il documento MIUR-ARAN-Organizzazioni sindacali fu il frutto dell’impegno contenuto nel Contratto Nazionale di Lavoro (2002-2005) di approfondire in sede tecnica nuove modalità di sviluppo di carriera per i docenti. Esso fu siglato il 24 maggio 2004 ed è riportato nel fascicolo monografico “Tutor, funzioni tutoriali, comunità tutorante”, di “Notizie della scuola”, n. 20, 16-30 giugno 2004, Tecnodid, Napoli.

7 L’ostilità sindacale spiega anche le difficoltà a percorrere la via legislativa per la ridefinizione dello stato giuridico dei docenti. Nella legislatura precedente furono presentate, senza esiti apprezzabili, due proposte di legge:

  • PdL n. 4091 (presentata alla Camera dei Deputati il 19-6-2003 dall’On. Santulli e al.) su “Statuto dei diritti degli insegnanti”;

  • PdL n. 4095 (presentata alla Camera dei Deputati il 23-6-2003 dall’On. Napoli) su “Disposizioni in materia di stato giuridico degli insegnanti e di rappresentanza sindacale”.

È corretto che il Parlamento intervenga in materia di stato giuridico, ma ciò che preoccupa è però il meccanismo della delega: se il Parlamento definisce solo alcune cornici generali del nuovo stato giuridico, le scelte concrete verrebbero affidate all’esecutivo mediante regolamenti unilaterali (in senso giuridico) con un evidente strappo alle tradizioni di concertazione in materia, invalse ormai dal 1974 ad oggi (cioè dai tempi dell’ultimo stato giuridico - Dpr 31-5-1974, n. 416 - e via via a seguire, fino alla “privatizzazione” del rapporto di impiego).

8 A.Cavalli (a cura di), Gli insegnanti nella scuola che cambia, Il Mulino, Bologna, 2000.

9. Nel “Master Plan” e nei documenti elaborati dalla Conferenza delle Regioni (in previsione del passaggio alle Regioni delle competenze in materia di istruzione -a far tempo dal 1-9-2009- ) si assicura circa il profilo nazionale dello stato giuridico del personale, ma si scommette su una capacità negoziale regionale nel definire migliori condizioni professionali ai docenti. Il modello prefigurato ricalca quello dei contratti regionali/provinciali integrativi sperimentato in alcune realtà fortemente autonome (es.: Trento). La recente sentenza della Corte Costituzionale n. 13 del 13 gennaio 2004, su ricorso intentato dalla Regione Emilia-Romagna, “cassa” l’affidamento della gestione degli organici del personale insegnante al Ministero dell’Istruzione (per il tramite degli Uffici Scolastici Regionali) e quindi sembra dare man forte a questa posizione.

10 Questa sembra essere l’ipotesi preferita nel già citato Quaderno bianco (2007) sulla scia delle molteplici ricerche e comparazioni internazionali rilanciate nel nostro paese dall’associazione TREELLE. Si vedano i quaderni n. 5 “Per una scuola autonoma e responsabile. Analisi confronti e proposte” del giugno 2006 ed il quaderno n. 6 “Oltre il precariato. Valorizzare la professione degli insegnanti per una scuola di qualità” del dicembre 2006.

11 La recente legge finanziaria per il 2008 (art. 2 comma 416 della legge 24 dicembre 2007, n. 244) sembra azzerare il dibattito fin qui condizionato dalla necessità di stabilizzare ampie fasce di personale precario e propone di affidare ad un regolamento del Ministro della pubblica istruzione “la disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale e dell’attività procedurale per il reclutamento del personale docente, attraverso concorsi ordinari, con cadenza biennale…”. La stessa legge finanziaria propone un modello sperimentale (art. 2, commi 417-425) per l’organizzazione integrata dei servizi educativi nel territorio, ivi compresa la gestione degli organici, da effettuare d’intesa con il sistema degli enti locali, per raggiungere obiettivi di miglioramento della qualità del servizio e di efficienza della spesa. Le eventuali “economie” sarebbero destinate ai medesimi territori “virtuosi” che le hanno prodotte. La chiamata in causa degli Enti locali nell’arricchimento dell’offerta formativa si sperimenta anche per la diffusione e l’ampliamento dell’esperienza del tempo pieno (per il quale viene ripristinato il modello a doppio organico, su un tempo integrato di 40 ore settimanali). Il modello dovrà essere sostenuto anche con risorse aggiuntive definite in sede di Conferenza Stato-Regioni-Autonomie locali (si presume, dunque, con un concorso di finanziamenti).

12 “Gli studi rilevano l’incidenza di una formazione iniziale in cui la didattica della disciplina abbia un peso rilevante rispetto agli insegnamenti puramente specialistici: i docenti che hanno avuto questo tipo di formazione hanno studenti che raggiungono risultati migliori” (Documento Aran, 18-12-2003, cit.).

13 Nelle azioni di formazione per i docenti neo-assunti la costruzione di un dossier professionale può rappresentare una opportunità di messa a fuoco delle caratteristiche di una moderna e dinamica professione docente. Un esempio di portaolio per i docenti in anno di prova è presentato da L. Rondanini, Anno di prova: dalla relazione finale al portfolio dell’insegnante in G.Cerini-L.Gianferrari-G.Grossi, Essere insegnanti, Manuale per orientarsi nella scuola della complessità ad uso dei docenti neoassunti, USR Emilia-Romagna, Tecnodid, Napoli, 2007.

14 Una delle poche ricerche italiane in materia di portfolio per i docenti è stata realizzata dall’USR Emilia-Romagna in collaborazione con l’IRRE e con le associazioni professionali regionali. I primi esiti sono documentati nel volume USR ER, Il portfolio degli insegnanti. Per documentare il curriculum professionale dei docenti, Tecondid, Napoli, 2005.

15 Cfr, in USR-ER, Il portfolio dell’insegnante. Documentare il curriculum professionale del docente, USR Emilia-Romagna e IRRE ER, Bologna, 2004

16 Un’ampia analisi dell’impatto delle funzioni obiettivo nella vita della scuola è stata compiuta negli scorsi anni in Emilia-Romagna tramite una ricerca che ha coinvolto oltre 1500 docenti incaricati di funzioni obiettivo. Gli esiti sono leggibili sul sito della Direzione Scolastica Regionale (www.istruzioneer.it).