Beati i “costruttori” di rete
Giancarlo Cerini
In rete è meglio?
Il fenomeno “reti di scuole” rappresenta certamente una novità prodotta dall'autonomia scolastica di quest'ultimo decennio. Come non ricordare l'art. 7 del Dpr 275/1999 che ha regolamentato per la prima volta la possibilità delle scuole di “fare rete”, cioè di associarsi tra di loro per progettare e gestire determinati servizi didattici o amministrativi. Anzi, la norma è ancora più incisiva perché permette anche la possibilità di mettere al centro degli accordi di rete lo scambio di personale o di dar vita a “laboratori” per la formazione, la ricerca, l'orientamento, ecc.
Ma la realtà delle reti è ancora assai acerba, anche se non va sottovalutata la propensione delle scuole a fare rete. Qualche ricerca nazionale, come quella promossa da Luiss e dall'Osservatorio dell'autonomia[1], mette in evidenza che la maggioranza delle scuole italiane partecipa a reti, anzi molte scuole inanellano nel loro palmarés parecchi accordi di rete contemporaneamente.
E' un segnale positivo, un antidoto prezioso all'interpretazione dell'autonomia scolastica come autarchia di scuole, autosufficienti ed in competizione tra di loro: un fenomeno che si manifesta in alcune fasi della vita scolastica, come il momento delle iscrizioni degli allievi, cioè quando ogni istituto deve dispiegare al massimo la sua capacità di marketing per attirare il maggior numero di utenti e salvaguardare l'organico docenti. Magari potrebbe fare proseliti la proposta assai “liberista”[2] di erogare fondi e risorse (anche docenti) alle scuole, in base ad una quota capitaria, cioè al numero di allievi che ogni anno si iscrivono e frequentano.
Oggi non è proprio così, ma sono molte le scuole che ispirano le loro politiche all'arricchimento dell'offerta formativa, per presentare un menù capace di attirare la potenziale clientela. In altri paesi è la pubblicità dei risultati degli allievi ad orientare le scelte dei genitori, con effetti non sempre positivi. Quando l'educazione diventa un quasi-mercato è alto il rischio di una maggiore disuguaglianza tra le diverse scuole ed è tutto il sistema a diventare meno equo[3].
L'idea del network di scuole, cioè del presentarsi insieme di fronte alla comunità con valori, finalità, proposte coordinate, può rafforzare il ruolo istituzionale delle scuole di un territorio ed aumenta la sua affidabilità. Come sta scritto nei protocolli per la formazione dei dirigenti delle scuole inglesi “impegnati non solo per il successo della tua scuola, ma anche di tutte le scuole della tua comunità”.
In quest'ottica collaborativa, l'idea di rete è connaturata alle finalità culturali, sociali, disinteressate della scuola, al suo valore in termini di contributo alla formazione della cittadinanza.
Dunque, l'idea di rete si carica di un significato evocativo forte, capace di dare senso al ruolo civile dell'istruzione.
Ma qual è lo stato reale del movimento delle reti in Italia? Intanto è utile chiarire le diverse tipologie di rete, perché la parola si è disarticolate in una miriade di significati.
Le reti di scopo
Intanto ci sono le reti di scopo, cioè gli accordi tra scuole che mettono al centro delle loro intese alcuni oggetti concreti e delimitati nel tempo, come la formazione del personale, l'integrazione dei disabili, l'accoglienza degli alunni stranieri, la gestione di stage e progetti. Spesso l'accordo prevede il coinvolgimento di Enti locali, di associazioni, di soggetti privati o aziende, ecc., una fattispecie non prevista dall'art. 7/Dpr 275 (che limita alle sole scuole gli accordi di rete), ma indispensabile per dare più forza all'iniziativa progettuale ed anche per recuperare ulteriori risorse per la scuola. In questa ottica l'accordo di rete tende ad avvicinarsi alle strategie di fundraising (cioè alla capacità di drenare risorse pubbliche e private a favore di un progetto o di un ente).
Un'ulteriore variante dell'accordo di scopo è rappresentata dalle Intese che strumentalmente alcune scuole adottano per procedere ad acquisti di forniture di una certa consistenza (come le dotazioni informatiche, ecc.), per spuntare prezzi più vantaggiosi. A volte è la stessa amministrazione scolastica a suggerire il consorzio tra scuole o a vincolare l'erogazione dei contributi alla stipula di specifici accordi di rete (ad esempio per i programmi di acquisto delle LIM) e come prossimamente avverrà per le Indicazioni/2012. Il campo della formazione in servizio è certamente un terreno già esplorato dai “costruttori” di rete, e spesso ha dato luogo a pregevoli iniziative e consolidato servizi e strutture di riferimento.[4]
Le reti di rappresentanza
Un secondo grande filone interpretativo del concetto di rete è la rete di rappresentanza. Ci riferiamo alla possibilità delle scuole di associarsi formalmente tra di loro per dare vita ad una propria autonoma capacità di interlocuzione con i diversi enti che possono interagire con la scuola. Si tratta delle associazioni delle scuole autonome, a livello regionale, provinciale e locale, che nascono per dare voce ai problemi delle scuole autonome, alle loro esigenze amministrative e organizzative. Spesso sono i dirigenti, in qualità di rappresentanti legali delle scuole, a promuovere tali associazioni, che a volta vengono scambiate per organismi di categoria. Si avverte l'eco, dietro questo movimento, di analoghe iniziative promosse dagli enti locali (es. : ANCI, UPI, UNCEM, che sono le associazioni promosse da Comuni, Province, Comunità montane) per meglio tutelare i loro interessi di “corporate”[5].
Si percepisce anche la sfiducia verso le strutture della pubblica amministrazione (nel nostro caso del MIUR e delle sue articolazioni periferiche) che oggi denota incertezze di prospettive, nelle sue componenti amministrative e tecniche, anche sotto i colpi della spending review, che associa gli apparati pubblici a indebite incrostazioni burocratiche.
Le associazioni partecipano a tavoli di consultazione, stringono alleanze, costruiscono partenariati, ma gestiscono anche iniziative di formazione o di consulenza. La stessa Amministrazione, in qualche caso, si è appropriata dell'idea associativa promuovendo direttamente la costituzione di reti specializzate (es. la rete dei licei linguistici, dei licei musicali, ecc.), a volte dotandole di risorse finanziarie ministeriali, con vincoli di destinazione.
La costituzione di reti di rappresentanza tematica avviene prevalentemente per iniziativa diretta delle scuole stesse. Spesso sono scuole secondarie di 2° grado con specifici indirizzi (es.: l'enogastronomia, le nuove tecnologie, la multimedialità, l'educazione artistica) che magari agiscono sulla scia di progetti sperimentali assistiti che erano in voga qualche lustro addietro. Potremmo immaginarle come “lobbies intelligenti” per sostenere nelle opportune sedi istituzionali le buone ragioni di ogni specifico settore.
Il problema della delega, della rappresentanza, delle forme della decisione pubblica, è oggi questione assai dibattuta e attiene anche al futuro della democrazia e delle sue forme, di fronte alla crisi di soggetti tradizionali come i partiti ed i sindacati. C'è una effervescenza di nuovi soggetti associativi, spesso con una consistenza del tutto virtuale – abitanti del web – o il pullulare di aggregazioni temporanee, spesso motivate da un obiettivo molto concreto e mirato (quasi sempre con un NO in premessa).
In questo scenario le istituzioni scolastiche scolastiche sono alla ricerca di una loro visibilità e rappresentatività, anche per compensare la perdita di un legame diretto (ma giocoforza subordinato) con gli apparati pubblici.
Qualche passaggio legislativo, rimasto allo stato embrionale (come quello sviluppatosi attorno al progetto di legge 953/1998 sulla riforma degli organi collegiali), ha cercato di dare consistenza istituzionale al fenomeno. Ma la partita rimane aperta.
Le reti innovative (start up)
Un terzo profilo di rete rappresenta una vera novità nel sistema educativo italiano. Ci riferiamo a reti dal forte carattere innovativo, che sperimentano nuovi prodotti o processi, che tendono a travalicare la prossimità fisica dei contraenti ed hanno la capacità dinamica di attrarre nuovi aderenti. A volte sono reti che nascono dal ceppo di alcune esperienze innovative, di carattere didattico o metodologico, impegnate a realizzare sperimentazioni di nuovi modelli di organizzazione didattica (ambienti di apprendimento, gestione della classe, relazioni cooperative). Piccoli seminari di confronto tra i “fondatori” fanno scaturire l'esigenza di estendere e applicare i nuovi metodi ad altre realtà scolastiche, per imitazione, per condivisione dei principi ispiratori. Si organizzano meeting ove le nuove tecniche vengono presentate, sia con l'avvallo di testimonial autorevoli, sia dando voce agli sperimentatori sul campo: si realizza un intreccio tra teoria e pratica, che motiva i partecipanti e li fa sentire parte attiva di un disegno pedagogico in fieri. Un esempio di questo tipo di rete “pedagogica” è “Scuole senza zaino”[6] che gode anche di riconoscimenti istituzionali, specie tra gli enti locali, ma che si basa sulla forza propulsiva di dirigenti e docenti che aderiscono al modello.
Una variante è rappresentata dalla cooperazione professionale: i formatori e gli esperti che “lavorano” su un ambito tematico (poniamo il caso: apprendimento cooperativo, didattica per competenze, gestione della classe) si danno una struttura associativa, coinvolgendo cultori della materia, docenti appassionati, anche istituzioni scolastiche. Questi gruppi organizzano occasioni di formazione, spesso in forma di consulenza a scuole, di convenzioni tra scuole e formatori, con partenariati variamente articolati. Si citano gli esempi di ARIAC[7], “Scintille”, ecc. A volte sono associazioni professionali o gruppi con particolari interessi a dar vita a comunità di pratiche, che hanno come “mission” la formazione reciproca, la ricerca, la sperimentazione di soluzioni innovative, come nel caso dell'AICQ[8]. Altre volte gruppi nascono per obiettivi di help-self (ad esempio preparare insieme la partecipazione ad un concorso) e poi si trasformano in comunità permanenti di studio, di ricerca, di dibattito, di scambio e produzione di materiali e soluzioni innovative, come nel caso di “Chiamalascuola”, un gruppo su facebook che ormai associa oltre 1700 operatori scolastici.
In altri casi la “rete” è sponsorizzata dall'amministrazione, interessata a promuovere aggregazioni di soggetti (scuole, enti locali, enti di ricerca), capaci di mettere a fuoco elementi innovativi, come i metodi della qualità e della certificazione, le procedure di autovalutazione e di audit. Un'esperienza emblematica è rappresentata dalla rete SAPERI (acronimo che sta per Saperi, Apprendimenti, Pari opportunità, Etica, Ricerca, Integrazione), un'originale joint venture tra Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, AICQ, reti di scuole piemontesi come SIRQ, enti locali, ecc. che si propone di diffondere un'idea di qualità fortemente intrecciate con lo specifico educativo delle organizzazioni scolastiche, attraverso un sistema di indicatori e standard che vengono testati e verificati nelle scuole che liberamente aderiscono al programma e che, al termine di un percorso che intreccia valutazione esterna e interna ricevono un riconoscimento (una sorta di “bollino blu” con il marchio Saperi). L'esperienza è in fase di espansione trans-regionale e rappresenta certamente un modello da considerare per il nascente Sistema Nazionale di Valutazione.[9] La ricerca di modalità efficaci di autovalutazione, che oggi assume un carattere cogente, alla luce del regolamento sul Sistema di valutazione (Dpr 80/2013) si è avvalsa nel corso degli anni di numerose esperienze di rete, in quasi tutte le regioni italiane (AIR, Avimes, rete siciliana Faro, ecc.), alcune delle quali ancora decisamente attive. Da ricordare anche le reti di ricerca promosse in Friuli Venezia Giulia dall'Ufficio Scolastico Regionale, per elaborare prove di verifica delle competenze, nella prospettiva del curricolo verticale 6-16 anni.
Assieme alla valutazione, anche le nuove tecnologie rappresentano un altro oggetto del desiderio degli accordi di rete. Non ci riferiamo solo alle procedure concordate di acquisto di hardware o di gestione del software, ma soprattutto all'indotto in termini di innovazioni metodologiche, didattiche, formative, che richiedono una forte capacità di confronto, studio, ricerca, applicazione controllata, validazione di nuove risorse. “Bookinprogress” è una rete di produzione di artefatti digitali, in forma di sperimentazione di e-book, attraverso la collaborazione dal basso di docenti motivati che mettono a disposizione della rete le loro esperienze ed il loro know-how[10]. Nel campo delle tecnologie spesso le reti nascono per mettere alla prova nuove modalità di “fare didattica”, a partire da situazioni logistiche complesse, come le piccole scuole di montagna (cfr. la rete emiliano-romagnola scuol@appennino, sostenuta da USR, Regione, Enti locali).
Molte delle esperienze di rete citate si daranno appuntamento nella “summer school” di Ischia (24-27 luglio 2013) ove, grazie all'iniziativa dell'agenzia formativa Tecnodid/formazione e alla collaborazione del MIUR (Direzione Generale dello Studente), l'idea e la pratica di rete troveranno modo di confrontarsi ed approfondire le strategie per l'innovazione educativa. Il movimento delle reti può senza dubbio diventare l'incubatoio (start up) per la trasformazione e il miglioramento del sistema scolastico italiano.
[1] Rapporto di ricerca “Istituzioni scolastiche, autonomie e reti di scuole”, Osservatorio sulla scuola dell'autonomia, Centro ricerche V.Bachelet Università LUISS, Fondazione per la scuola Compagnia S.Paolo, Febbraio 2012.
[2] A.Ichino G.Tabellini, Liberiamo la scuola. I corsivi Ebook. Forum idee per la crescita, Corriere della Sera. Per una prospettiva diversa v. F.Bassanini, V.Campione (a cura di), Istruzione bene comune, Passigli editori, Firenze, 2011
[3] A. Martini, I risultati delle singole scuole nelle prove INVALSI devono essere resi pubblici?, in “Rivista dell'istruzione”, n. 3, maggio-giugno 2012, Maggioli, Rimini.
[4] Una ricerca capillare sulle strutture territoriali per la formazione dei docenti e dei processi di aggregazione in rete è stata compiuta dal MIUR (Centro Formazione Insegnanti) e documentata nel volume a cura di G.Cerini, I servizi territoriali per i docenti, Tecnodid, Napoli, 2001, che presenta anche schede informative, modelli di accordo, strutture ecc. oltre agli atti di un convegno tenutosi a Cesena nel 2001.
[5] P.Mazzoli, Quando le scuole fanno rete: quasi un'ANCI, in “Rivista dell'istruzione”, n. 2, marzo-aprile 2010, Maggioli, Rimini.
[6] M.Orsi, A scuola senza zaino, Erickson, Trento, 2006. Per approfondire: www.scuolesenzazaino.it
[7] L'ARIAC è l'associazione ricerca italiana apprendimento cooperativo. Per approfondire: www.ariac.eu
[8] AICQ è un'associazione che persegue la ricerca della qualità, con una vivace presenza nelle scuole di alcune
regioni, per attuare programmi di consulenza e formazione, spesso formalizzando le reti delle scuole partecipanti.
Nel numero 3/2013 della rivista bimensile “Qualità” è contenuto un inserto su “Qualità per l'Education –
autovalutazione per tutte le scuole? Con interventi di P.Senni Guidotti Magnani, V.Infante, G.Cerini, S.La Rosa,
G.Santucci, A.M.Benini, S.Baldassarri, M.diGrazia, A.Pelli, M.Battistin. Per approfondire: www.aicqna.com.
[9] Del marchio SAPERI si fanno apprezzare gli indicatori di qualità, strettamente connessi alla “mission” della scuola, e quindi attenti all'organizzazione didattica, alle scelte professionali, al più generale funzionamento pedagogico. Inoltre viene escluso ogni intento competitivo tra scuole e il confronto è di ogni scuola con parametri-standard che rappresentano le soglie di eccellenza per essere certificati. L'ottica è dunque quella del miglioramento continuo e numerose sono le assonanze con il CAF (Common Assessment Framework) e EFQM. Per approfondimenti: www.marchiosaperi.it
[10] Per informazioni sulla rete v. www.bookinprogress.it . La rete è stata avviata dall'ITIS Majorana di Brindisi si è poi diffusa sul territorio nazionale.