Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali

Il Miur ha fornito ulteriori chiarimenti in merito agli strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali (BES). Un’analisi delle indicazioni ministeriali nell’approfondimento a cura di Antonia Carlini.

 

La nota 22 novembre 2013 prot. n. 2563 diramata dal Miur fornisce ulteriori chiarimenti sugli strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali (BES).

In particolare precisa che il corrente anno scolastico è utilizzato per sperimentare e monitorare modelli, procedure e strumenti per migliorare la qualità dell’inclusione nelle nostre scuole e riprende alcuni passaggi significativi della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e della Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013 riguardanti l’individuazione, la certificazione e l’intervento con gli alunni con BES e le risorse organizzative.

 

L’individuazione e la certificazione

La circolare conferma che nulla è cambiato sul piano normativo rispetto alle modalità di individuazione e di certificazione delle condizioni di disabilità e dei disturbi specifici di apprendimento che restano disciplinate, rispettivamente, dalla Legge n. 104/1992  e dalla Legge n.170/2010.

Le stesse norme, per altro, definiscono gli strumenti di intervento elaborati dalle istituzioni scolastiche in un contesto partecipato di progettazione collegiale e corresponsabile:

  • il Piano Educativo Individualizzato, elaborato entro il secondo mese dell’anno scolastico e verificato possibilmente ogni trimestre;
  • il documento di individualizzazione e personalizzazione degli interventi (poi Piano Didattico Personalizzato), redatto entro la fine di novembre per tutti gli alunni con diagnosi di disturbo specifico di apprendimento e verificato periodicamente dai team (scuola primaria) e dai consigli di classe (scuola secondaria).

Nella prospettiva di una presa in carico globale e inclusiva di tutti gli alunni, relativamente agli altri bisogni educativi speciali non rientranti nelle tutele delle norme citate e alla possibilità che siano i Consigli di classe a valutare l’opportunità di una personalizzazione della didattica e dell’adozione di strumenti compensativi e/o misure dispensative,  la circolare indica che “la rilevazione di una mera difficoltà di apprendimento, non dovrebbe indurre all’attivazione di un percorso specifico con la conseguente compilazione di un Piano didattico Personalizzato” e rimanda all’autonomia dei Consigli la scelta di ricorrere a tali strumenti per fondate motivazioni metodologico-didattiche, anche “sulla base di criteri generali stabiliti dal Collegio dei docenti”.

La circolare, inoltre, dopo aver ribadito che compito della scuola non è certificare gli alunni con BES bensì individuare quelli per i quali è opportuna l’adozione di particolari strategie didattiche, precisa che la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 ha inteso tutelare quelle situazioni che si pongono oltre l’ordinaria difficoltà.

A tale riguardo distingue tra difficoltà ordinarie, riscontrate nella quotidiana esperienza didattica che hanno un carattere temporaneo e, molto spesso, si risolvono con azioni di individualizzazione e di sostegno non strutturate durante il processo di insegnamento-apprendimento; difficoltà gravi, con carattere più stabile e con un grado di complessità tale da richiedere un notevole impegno nell’organizzazione dell’ambiente di apprendimento; disturbi di apprendimento a carattere permanente e su base neurobiologica, con difficoltà che richiedono interventi strutturati mirati e sistematici, spesso per tempi lunghi.

 

L’intervento didattico

La circolare, dopo aver richiamato “principi consolidati” del nostro sistema scolastico (accoglienza, solidarietà, equità, valorizzazione delle diversità e delle potenzialità di ciascuno), ricorda come la personalizzazione degli apprendimenti, l’individualizzazione dell’intervento, la valorizzazione delle diversità, la promozione e lo sviluppo delle potenzialità individuali rappresentino  valori fondanti del nostro  ordinamento, recepiti dallo stesso Regolamento dell’autonomia delle istituzioni scolastiche.

Il Regolamento, infatti, finalizza l’autonomia didattica alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, al riconoscimento delle diversità, alla promozione delle potenzialità individuali, attraverso percorsi individualizzati rispetto a tempi dell'insegnamento, alle attività, al tipo di studi e al ritmo di apprendimento.

Il richiamo all’autonomia, nel suo significato più autentico di libertà di scelta didattica e organizzativa, recupera l’orizzonte di senso entro cui collocare la prospettiva inclusiva e rilancia sulla necessità che la scuola prenda in carico tutti i suoi alunni, in particolare quelli a rischio di fallimento e di dispersione.

Un rilancio che impone una spinta al cambiamento non più rinviabile e l’utilizzo pieno degli spazi di autonomia consentiti, da occupare con intelligenza metodologica per interventi individualizzati, capaci di garantire condizioni ottimali per il raggiungimento dei traguardi essenziali di sviluppo negli apprendimenti e nella partecipazione.

 

Gli strumenti per la progettazione

Il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) - quadro di sintesi dei bisogni educativi speciali presenti nella scuola, dei punti di forza e delle criticità rilevati, delle risorse  e delle opportunità presenti all’interno e all’esterno - oltre a essere uno strumento importante per la pianificazione strategica degli interventi per l’integrazione e l’inclusione, costituisce, in prospettiva processuale, un momento di riflessione importante che coinvolge l’intera comunità educante nella promozione di una cultura dell’inclusione e rappresenta lo sfondo valoriale su cui innestare approcci didattici attenti ai bisogni educativi comuni e speciali.

Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) viene predisposto in presenza di difficoltà solo se il Consiglio di classe o il team docenti decidono di progettare un percorso personalizzato calibrato sui livelli minimi attesi, prevedendo le strategie di intervento, le eventuali misure dispensative e strumenti compensativi e i criteri di valutazione più adeguati.

Le considerazioni pedagogiche e didattiche sulla base delle quali si decide di formulare il PDP vanno esplicitate nella delibera e costituiscono l’ossatura del Documento che, precisa la nota, ha carattere transitorio e validità circoscritta all’anno scolastico.

 

Le cautele

L’individuazione di situazioni particolari che richiedono un intervento individualizzato e personalizzato strutturato costituisce un momento delicato e complesso che richiede sensibilità pedagogica, osservazione attenta e sistematica, cura educativa e competenze metodologiche plurime del consiglio di classe-team docenti.

In questa fase, inoltre, è necessario adottare ogni cautela necessaria a eliminare il rischio che la nuova classificazione per categorie (disabilità, disturbi evolutivi specifici, svantaggio) possa generare una riduzione delle attese educative e un abbassamento dei traguardi di competenza essenziali e irrinunciabili, che vanno comunque garantiti a tutti dopo attenta considerazione delle situazioni di partenza individuali.

 

Le risorse organizzative

Relativamente alle risorse organizzative la circolare anticipa alcune azioni a breve e medio termine in programmazione: la formazione per i referenti di istituto, la creazione di una rete di scuole-polo per l’inclusione, la riorganizzazione e l’ulteriore definizione dei compiti dei Centri Territoriali di Supporto (CTS) e dei Centri Territoriali per l’Inclusione (CTI), le iniziative di formazione e di documentazione e diffusione di buone prassi di inclusione.

Relativamente alle risorse organizzative di scuola, la nota rimanda all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche la definizione delle modalità di funzionamento del Gruppo di Lavoro per l’Inclusività che opererà per articolazioni funzionali tematiche sulla base delle specificità rilevate  e anticipa l’organizzazione di incontri formativi specifici diretti ai referenti di istituto e finalizzati a dare corretta interpretazione alle indicazioni ministeriali.

 

Antonia Carlini