Sentenza TAR Lazio 14.09.2021, n. 9795
Annullamento D.L. 182/2020 adozione nuovi modelli PEI e linee guida correlate.
In Nome Del Popolo Italiano
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis)
ha pronunciato la presente
Sentenza
sul ricorso numero di registro generale 2858 del 2021, proposto da Coordown Odv - Coordinamento Nazionale Associazioni delle Persone con Sindrome di Down (Trisomia 21 ), Coordinamento Italiano Insegnanti di Sostegno, A.S.S.I. Gulliver Associazione Sindrome di Sotos Ita-Lia Aps, Associazione Prader Willi Lombardia - Odv, Associazione Regionale Autismo Abruzzo Onlus (Auti-Smo Abruzzo Onlus), Fondazione Cepim Onlus, Persone Williams Italia Onlus, Pianeta Down Onlus, Spazio Blu Autismo Varese Onlus, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Alessandro Mazza, Alberto Alessandro Caretta, Luigi Porra, Daniela Mistretta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Istruzione, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad adiuvandum
Associazione "La Chiave di Volta Odv", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Maria Dolores Broccoli, Elena Boccanfuso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento, previa adozione di misure cautelari
1. del Decreto del Ministero dell'Istruzione, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze n. 182 del 29.12.2020, recante "Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell'articolo 7, comma 2-ter, del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66" e dei relativi allegati e in particolare:
- dell'allegato B) - Linee Guida concernenti la definizione delle modalità, an-che tenuto conto dell'accertamento di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l'assegnazione delle misure di sostegno di cui all'articolo 7 del D. Lgs 66/2017 e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche;
- dell'allegato C) - Scheda per l'individuazione del Debito di funzionamento;
- dell'allegato C1) - Tabella Fabbisogno Risorse professionali per il sostegno didattico e l'assistenza;
- del modello di PEI per la scuola dell'infanzia;
- del modello di PEI per la scuola primaria;
- del modello di PEI per la scuola secondaria di primo grado;
- del modello di PEI per la scuola secondaria di secondo grado;
2. della nota circolare n. 40 del 13.1.2021, avente ad oggetto "Modalità per l'assegnazione delle misure di sostegno e nuovo modello di PEI ai sensi dell'Art. 7, comma 2-ter del decreto legislativo 66/2017. Decreto del Ministro dell'istruzione 29 dicembre 2020, n. 182" inviato dal Ministero Istruzione ai Dirigenti Scolastici, ai Coordinatori Didattici delle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali, nonché, fra gli altri, ai componenti dell'Osservatorio permanente per l'inclusione scolastica;
3. del concerto del Ministero dell'Economia e delle Finanze, acquisito con note prot. 20507 del 10.10.2020, allo stato non noto alle ricorrenti;
4. del conseguente Decreto Dipartimentale del Ministero Istruzione, Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione, n. 75 del 26.1.2021 e relativo allegato A, recante "Misure di accompagnamento delle istituzioni scolastiche alle nuove modalità di inclusione; previste dal decreto legislativo 13 maggio 2017, n. 66 e alle disposizioni contenute nel Decreto interministeriale 29 dicembre 2020, n 182";
5. del preliminare verbale del 31.8.2020 della Consulta delle Associazioni dell'osservatorio permanente per l'inclusione scolastica;
6. di ogni ulteriore atto presupposto, precedente, conseguente e/o connesso, ancorché non conosciuto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Istruzione e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza del giorno 19 luglio 2021, tenutasi in modalità telematica ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176/2020, il dott. Daniele Profili e uditi per le parti i difensori in collegamento da remoto come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
Fatto
1. Con l'odierno ricorso le associazioni in epigrafe hanno impugnato il decreto interministeriale n. 182/2020 unitamente alle linee guida, ai modelli di PEI ed agli altri atti ad esso allegati, chiedendone l'annullamento.
Detto provvedimento è stato adottato sulla scorta della previsione di cui all'art. 7, co. 2-ter del d. lgs. n. 66/2017, introdotta dal d.lgs. n. 96/2019, secondo cui "Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità, anche tenuto conto dell'accertamento di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l'assegnazione delle misure di sostegno di cui al presente articolo e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche".
2. Il gravame si articola in otto censure con cui è stata dedotta:
- violazione dell'art. 17 della legge n. 400/88 per inosservanza delle norme procedimentali ivi contenute, atteso che il decreto impugnato sarebbe da qualificarsi alla stregua di un regolamento, pur se definito e adottato dalle Amministrazioni resistenti in qualità di atto amministrativo generale;
- illegittimità degli artt. 3, 4 e 20 del decreto interministeriale n. 182/2020 per violazione dell'art. 76 Cost. e dell'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2020, nonché per incompetenza ed eccesso di potere, atteso che il decreto impugnato sarebbe stato autorizzato dalla normativa primaria soltanto a definire le modalità di assegnazione delle misure di sostegno ed i modelli di PEI da utilizzare, con evidente sconfinamento dalla delega di tutte disposizioni ulteriori in esso previste;
- illegittimità degli artt. 3 e 4 del decreto interministeriale n. 182/2020 e delle linee guida allegate per violazione degli artt. 3, 32, 34 e 38 Cost., degli artt. 7 e 9 del d.lgs. n. 66/2017, nonché eccesso di potere per illogicità, sviamento, contraddittorietà, disparità di trattamento e difetto di motivazione, per avere il decreto impugnato previsto una composizione del GLO diversa da quella contemplata dalla normativa primaria e per aver attribuito ex novo specifici poteri a determinati soggetti in assenza di previsioni legislative in merito;
- illegittimità dell'art. 3 del decreto interministeriale in parola e delle linee guida allegate (p. 65) per violazione dei principi in materia di inclusione, di diritto allo studio e quelli sul procedimento amministrativo, degli artt. 2, 3, 34 e 97 Cost., dell'art. 2, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017 e dell'art. 1 della legge n. 20/94 in tema di responsabilità erariale, nonché incompetenza ed eccesso di potere per irragionevolezza e sviamento, con particolare riferimento alle disposizioni sulla partecipazione dei genitori al GLO, alla responsabilità erariale dei suoi componenti ed alla qualificazione delle misure di sostegno alla stregua di una "provvidenza";
- illegittimità del decreto interministeriale impugnato e dei suoi allegati per violazione di legge ed eccesso di potere per illogicità, contraddittorietà, sviamento di potere, per aver adottato gli atti in epigrafe in assenza delle prescritte linee guida ministeriali relative ai criteri sulla certificazione di disabilità in età evolutiva e sul Profilo di Funzionamento (P.F.), ossia di atti prodromici, normativamente e logicamente antecedenti rispetto alla redazione del PEI;
- illegittimità delle disposizioni sull'esonero dalle materie per gli studenti disabili per violazione dell'art. 24 della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, dell'art. 14 della C.E.D.U. e dell'art. 2 del suo Protocollo addizionale, degli artt. 3, 34 e 38 Cost, dell'art. 12, co. 4 della legge n. 104/92, dell'art. 11, co. 1-8 e dell'art. 20, co. 1-8, del d.lgs. n. 62/2017, nonché eccesso di potere per disparità di trattamento, sviamento, violazione del principio di proporzionalità ed ingiustizia manifesta;
- violazione di legge ed eccesso di potere relativamente alle disposizioni sulle concrete modalità per l'assegnazione delle risorse professionali per il sostegno e l'assistenza, con particolare riferimento a quelle relative: a) al range predeterminato di ore assegnabili, non basato su alcuna regola scientifica ed in contrasto con i principi di personalizzazione delle misure di sostegno, nonché in grado di sostituire la precedente connessione tra malattia ed ore di sostegno con un'altra, tra il "debito di funzionamento" e ore di sostegno; b) al connubio tra riduzione della discrezionalità del GLO e la sua responsabilità erariale, in palese contrasto con principi dettati dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e dalla Corte Costituzionale in merito alla impossibilità di comprimere le misure di assistenza per i minori disabili per esigenze di finanza pubblica;
- illegittimità delle previsioni relative alla possibilità di frequenza con orario ridotto per i discenti disabili e di svolgere attività fuori dalla classe in appositi laboratori.
3. Con decreto presidenziale n. 1492/2021 è stato consentito lo sforamento dei limiti dimensionali per la redazione dell'atto introduttivo del giudizio, mentre con l'ordinanza n. 2210/2021 è stata disposta la sollecita fissazione dell'udienza di merito ai sensi dell'art. 55, co. 10 c.p.a., ritenendo le esigenze di parte ricorrente adeguatamente tutelabili in tal guisa.
4. L'Amministrazione resistente si è costituita in giudizio formulando diverse eccezioni di rito, chiedendo comunque il respingimento del gravame in quanto infondato.
5. Con atto depositato il 19 maggio 2021 è intervenuta ad adiuvandum l'Associazione "La Chiave di Volta Odv" che, con successiva memoria del 17 giugno 2021, ha chiesto la rimessione alla Consulta della questione di legittimità costituzionale sia dell'art. 7, co. 2-bis del d.lgs. n. 66/2017 che dell'art. 19, co. 7-bis del medesimo riferimento normativo.
6. In vista dell'udienza pubblica hanno depositato le proprie memorie conclusive sia la parte ricorrente, che ha replicato alle eccezioni di rito e di merito formulate dall'Amministrazione resistente, sia la difesa erariale, che ha ulteriormente eccepito l'inammissibilità dell'intervento ad adiuvandum.
7. All'udienza del 19 luglio 2021, tenutasi in modalità telematica ai sensi dell'art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176/2020, previa discussione orale dei difensori in collegamento da remoto, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Diritto
1. Come anticipato in narrativa le associazioni ricorrenti hanno impugnato il decreto interministeriale n. 182/2020 unitamente alle linee guida ed ai suoi allegati. Detti atti sono stati adottati in ossequio alla disposizione di cui all'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017, che ha delegato il Ministero dell'Istruzione, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, all'emanazione di un decreto al fine di delineare le modalità di "[...] assegnazione delle misure di sostegno di cui al presente articolo e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche".
Nel giudizio così incardinato si sono costituiti in giudizio sia i Ministeri intimati che l'Associazione "La Chiave di Volta Odv", quest'ultima in qualità di interventore ad adiuvandum.
2. Il Collegio deve preliminarmente esaminare le eccezioni di rito sollevate dall'Avvocatura Generale dello Stato con riferimento all'atto introduttivo del giudizio.
2.1 Sotto un primo profilo, la difesa erariale ha eccepito l'irricevibilità del gravame.
L'eccezione è infondata.
Parte ricorrente ha depositato agli atti la circolare n. 40 del 13 gennaio 2021 con cui il Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione del Ministero dell'Istruzione ha trasmesso, a tutti gli aventi causa ivi indicati, il decreto impugnato.
A fronte di tale allegazione, atta a dimostrare la data di effettiva conoscenza del provvedimento ritenuto lesivo, la parte pubblica si è limitata a rilevare che quest'ultimo, in realtà, sarebbe stato anche pubblicato sul sito del Ministero, senza tuttavia indicare la sua presunta data di pubblicazione.
In merito, va richiamato il consolidato principio secondo cui, ai fini della verifica della fondatezza dell'eccezione di irricevibilità del ricorso, la parte che eccepisca in tal senso debba fornire rigorosi riscontri in ordine alla conoscenza dell'atto gravato in tempi antecedenti al termine decadenziale di impugnazione, dando prova della tardività della reazione processuale della controparte.
Per quanto precede, la genericità dell'eccezione sollevata dalla parte pubblica non può che comportare il suo respingimento.
2.2 Con una seconda eccezione le Amministrazioni resistenti hanno contestato l'inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione ad agire delle associazioni ricorrenti.
Anche tale eccezione va disattesa.
Il recente arresto dell'Adunanza Plenaria (sent. n. 6/2020) ha chiarito come sussista la legittimazione degli enti esponenziali di interessi collettivi ad agire giudizio ove, pur in assenza di una previsione legislativa espressa, siano comunque rispettati i presupposti in tal senso elaborati dalla giurisprudenza amministrativa, tra i quali si annoverano: 1- il perseguimento non occasionale di obiettivi di tutela dell'interesse collettivo; 2- l'adeguato grado di rappresentatività e stabilità; 3- la presenza di un'"area di afferenza", riconducibile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva ritenuto leso.
Partendo dall'ultimo dei sopra elencati requisiti, va rilevato come i provvedimenti impugnati siano destinati ad avere efficacia sull'intero territorio nazionale, con conseguente non necessità di procedere alla verifica circa sussistenza, o meno, della vicinitas tra l'ubicazione territoriale delle associazioni ed il bene asseritamente leso.
Per quanto riguarda gli altri requisiti, va rilevato come le ricorrenti siano tutte associazioni di promozione sociale ai sensi dell'art. 4 del d.lgs. n. 117/2017, tra i cui scopi statutari rientra "la promozione e la tutela dei diritti e bisogni delle persone disabili". La loro stabilità e la continuità nel perseguire gli anzidetti interessi è dimostrata sia dalla loro data di costituzione, evincibile dagli stessi statuti, sia dalle molteplici iniziative cui hanno dimostrato di aver attivamente partecipato.
Con riferimento alla rappresentatività è sufficiente evidenziare che l'associazione COORDOWN, così come anche precisato dalla difesa erariale, è componente dell'Osservatorio permanente per l'inclusione, che riunisce gli enti maggiormente rappresentativi del settore. La sua presenza tra i ricorrenti, pertanto, risulta essere ex se sufficiente per superare l'inammissibilità del ricorso in tal senso prospettata.
Neppure convince l'eccepito difetto di legittimazione delle associazioni minori che deriverebbe, in particolare, dalla loro condizione di mere articolazioni territoriali di organizzazioni più ampie e verticisticamente strutturate.
Sul punto, è agevole rilevare come, dalla documentazione depositata agli atti, emerge piuttosto che le associazioni in questione siano dotate di un proprio legale rappresentate, con conseguente autonomia giuridica e di azione nel perseguimento dei propri fini statutari.
2.3 Ulteriore eccezione sollevata è quella relativa al difetto di interesse delle associazioni ricorrenti ad impugnare dei provvedimenti che non recherebbero statuizioni immediatamente lesive, ossia tali da derogare alla regola secondo cui l'atto generale debba necessariamente essere gravato unitamente all'atto esecutivo a valle.
L'eccezione non coglie nel segno e va disattesa.
Va anzitutto chiarito come l'interesse di cui sono titolari gli enti esponenziali, come le odierne associazioni ricorrenti, deve essere qualificato alla stregua di un interesse sostanziale autonomo e non meramente coincidente con la sommatoria degli interessi individuali dei fruitori di un servizio pubblico, come quello scolastico. A venire in rilievo, invero, è un interesse collettivo, tutelabile in giudizio da parte dell'ente esponenziale grazie al procedimento di "entificazione" di interessi diffusi, per loro natura adespoti. Si tratta di interessi riferibili, in via indistinta, ad una collettività ovvero ad una categoria più o meno ampia di soggetti o ad una formazione sociale, senza alcuna differenziazione tra i singoli individui che la compongono. Ciò in considerazione del carattere sociale, e non esclusivo, del vantaggio che dal bene correlato a quell'interesse i singoli possono trarre (in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, sent. n. 6554/2010).
"In altri termini, la giurisprudenza individua il fondamento della legittimazione ad causam delle associazioni non nella rappresentanza di interessi individuali "seriali", ovvero plurimi interessi legittimi individuali di uguale tenore, ma nella titolarità di un interesse "collettivo" geneticamente derivante da un processo di impersonificazione di interessi c.d. "diffusi", ossia interessi omogeneamente distribuiti nella collettività o nella categoria di riferimento" (Cons. Stato, Sezione III, sent. nn. 1467/2020 e 7850/2020).
In un contesto di tal fatta, dove i provvedimenti gravati incidono in maniera trasversale sulla tutela degli studenti disabili, fermo restando ogni successivo ed opportuno approfondimento sulla loro natura regolamentare o meno, questa dimensione collettiva non risulta essere tutelabile se non per il tramite dell'ente che ne assume la rappresentanza, come si evince dalle finalità statutarie, in quanto estrinsecazione di un interesse proprio della categoria presso la quale la diffusione del bene è oggettivamente riscontrabile (Cons. Stato, Sez. III, sent. n. 1467/2020 cit.).
Proprio dalla distinzione tra l'interesse collettivo, inteso quale interesse proprio delle associazioni, e quelli dei singoli fruitori del servizio scolastico, è possibile comprendere perché le odierne ricorrenti abbiano un interesse concreto ad attuale ad agire in giudizio, atteso l'immediato potenziale lesivo derivante dai provvedimenti gravati sul bene giuridico dalle stesse patrocinato.
A diverse conclusioni deve invece giungersi con riferimento ai singoli fruitori del servizio scolastico che, per ottenere adeguata tutela delle proprie posizioni giuridiche soggettive, sono per converso tenuti ad attendere l'adozione del P.E.I. per agire in giudizio, facendo ivi valere non solo gli eventuali vizi propri dell'atto esecutivo ma anche quelli di origine derivata che affondino le loro radici nei provvedimenti di natura generale presupposti.
Con riferimento all'odierno ricorso, pertanto, è indubbio che le censure mosse dalle associazioni ricorrenti avverso gli atti impugnati mirino a salvaguardare l'interesse collettivo relativo ad una comunità omogenea di consociati che si assume leso, in coerenza con quanto riportato nei rispettivi statuti.
2.4 Ulteriore profilo di inammissibilità, a parere delle Amministrazioni resistenti, riguarderebbe la mancanza dei presupposti per l'esperimento di un ricorso collettivo, essendo rilevabile sia un conflitto di interessi tra le associazioni ricorrenti, sia un difetto di omogeneità delle posizioni dalle stesse rappresentate.
Anche tale eccezione non può essere accolta.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, la proposizione contestuale di un'impugnativa da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto o contro atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di stringenti requisiti, sia di segno negativo che di segno positivo. I primi sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo potenziale, per effetto della quale l'accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe logicamente incompatibile con quella degli altri. I secondi consistono, invece, nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi (cfr. ex multis T.A.R. Lazio, Sezione Terza Bis, sent. n. 12242/2020 e T.A.R. Aosta, Sezione I, sent. n. 28/2021).
Nel caso di specie, le associazioni ricorrenti agiscono cumulativamente per ottenere l'annullamento dei medesimi provvedimenti, le cui disposizioni incidono, in maniera trasversale, sull'intera categoria degli studenti disabili, senza che possa dunque assumere alcun rilievo il fatto che, come si evince dalle loro stesse denominazioni, esse siano portatrici di interessi riconducibili a soggetti affetti da diverse patologie.
Deve invero essere ritenuta irrilevante la causa da cui origina la disabilità ai fini dell'odierno giudizio, atteso che una volta che un soggetto si trovi a dover vivere tale condizione non pare revocabile in dubbio che lo stesso debba poter fruire di un servizio essenziale, come l'istruzione, al pari di qualsiasi altro soggetto dell'ordinamento, mediante gli opportuni accorgimenti da adottarsi a cura degli enti pubblici a ciò preposti, in ossequio alle disposizioni di rango internazionale, costituzionale e delle fonti primarie in materia.
Le disposizioni contenute negli atti gravati incidono sulla determinazione delle ore di sostegno, sulla composizione dei gruppi di lavoro e sulle facoltà di partecipazione in tale contesto dei genitori ovvero dei discenti disabili, ossia su aspetti che riguardano, indistintamente, gli alunni affetti da disabilità, essendo irrilevante le ragioni e/o le patologie per cui questi rientrino in tale categoria.
Peraltro, nessuna censura del ricorso mira a salvaguardare una specifica condizione di soggetti affetti da determinate patologie a scapito di altri, con conseguente ammissibilità del ricorso collettivo, essendo ravvisabili sia i richiamati requisiti di carattere positivo (identità delle posizioni sostanziali e processuali) che negativo (assenza di conflitto di interessi) all'uopo richiesti dalla richiamata giurisprudenza amministrativa.
2.5 L'ultima eccezione in rito afferisce alla costituzione in giudizio, in qualità di interveniente ad adiuvandum, dell'Associazione "La Chiave di Volta odv".
L'eccezione è fondata.
Nel processo amministrativo sono ammesse solo alcune tipologie di intervento, tra cui rientra l'intervento adesivo dipendente, sia esso ad adiuvandum o ad opponendum. Tuttavia, per l'ammissibilità di un intervento di tal fatta è necessario che gli intervenienti siano titolari di una posizione soggettiva dipendente da quella fatta valere dai ricorrenti che, in quanto diversa, viene investita in via riflessa dagli effetti del giudicato reso inter alios. Due in particolare sono i requisiti che devono essere soddisfatti per la configurabilità di un intervento adesivo dipendente: uno di carattere positivo, consistente nell'utilità giuridica conseguibile dall'esito del giudizio e, l'altro, di carattere negativo, coincidente con la sussistenza di una posizione giuridica soggettiva diversa da quella dei ricorrenti.
Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dalla difesa erariale, non pare sussistere il secondo degli anzidetti requisiti.
A ben vedere, l'associazione interveniente risulta essere titolare di una posizione soggettiva identica rispetto a quella fatta valere dalla parte ricorrente che, pertanto, avrebbe dovuto tuttalpiù essere fatta valere in giudizio con ricorso autonomo e non con un atto di intervento.
La sua dimensione di ente proteso alla tutela delle persone con disabilità, al pari delle associazioni ricorrenti, postula che il dispiegato intervento in giudizio, autoqualificato come adesivo dipendente, sia in realtà di natura litisconsortile, dovendosi riconoscere in capo all'associazione in parola il ruolo di cointeressato.
Ammettere una tale forma di intervento nell'ambito di un giudizio di carattere impugnatorio, come quello odierno, caratterizzato dalla rilevanza di termini perentori per la reazione processuale, significherebbe avallare una tacita rimessione in termini, consentendo ad un soggetto cointeressato di agire tardivamente in giudizio per la cura di un interesse uguale a quello vantato dalle restanti ricorrenti che, pertanto, avrebbe dovuto essere fatto valere mediante la tempestiva impugnazione degli atti ritenuti lesivi.
Per tali ragioni, l'intervento ad adiuvandum deve essere dichiarato inammissibile.
3. Esaminate le questioni preliminari il Collegio ritiene opportuno, prima di procedere con la delibazione dei profili di merito introdotti con il ricorso principale, effettuare un pur breve richiamo al quadro normativo di riferimento.
3.1 l'art. 1, co. 180 della legge n. 107/2015 ha delegato il Governo "ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu' decreti legislativi al fine di provvedere al riordino, alla semplificazione e alla codificazione delle disposizioni legislative in materia di istruzione, anche in coordinamento con le disposizioni di cui alla presente legge".
Il successivo comma 181 ha poi precisato che tali decreti legislativi fossero "adottati nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni", nonché di quelle espressamente individuati dalla legge. Tra questi, con particolare riferimento alla "promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione", alla lettera c) sono stati individuati i seguenti principi e criteri direttivi:
"1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno [...], anche attraverso l'istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità;
3) l'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali [...];
4) la previsione di indicatori per l'autovalutazione e la valutazione dell'inclusione scolastica;
5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate [...];
6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all'inclusione;
7) la previsione dell'obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico-didattici e organizzativi dell'integrazione scolastica;
8) la previsione dell'obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario [...];
9) la previsione della garanzia dell'istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 12, comma 9, della legge 5 febbraio 1992, n. 104".
3.2 Sulla scorta di tali previsioni, il Governo ha adottato il d.lgs. n. 66/2017 recante "Norme per la promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell'articolo 1, commi 180 e 181, lettera c), della legge 13 luglio 2015, n. 107", cui ha fatto seguito un rilevante intervento correttivo ad opera del successivo d.lgs. n. 96/2019. Quest'ultimo, in particolare, nel modificare l'art. 7 del testo normativo originario, ha altresì disposto l'inserimento del comma 2-ter, a mente del quale il Ministero dell'Istruzione, di concerto con il Ministero dell'Economia e delle Finanze, è stato chiamato ad "adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono definite le modalità, anche tenuto conto dell'accertamento di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l'assegnazione delle misure di sostegno di cui al presente articolo e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche".
3.3 In ottemperanza a quest'ultima disposizione, il 29 dicembre 2020 è stato emanato il decreto interministeriale n. 182/2020 rubricato "Adozione del modello nazionale di piano educativo individualizzato e delle correlate linee guida, nonché modalità di assegnazione delle misure di sostegno agli alunni con disabilità, ai sensi dell'articolo 7, comma 2-ter del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 66", impugnato nell'odierno giudizio unitamente ai suoi allegati.
4. Tanto premesso, pare opportuno effettuare alcune considerazioni preliminari.
4.1 Il Collegio intende anzitutto porre l'accento sul fatto che l'originaria delega per l'adozione dei successivi decreti legislativi, sia stata rilasciata dal Parlamento al fine di procedere "al riordino, alla semplificazione e alla codificazione" delle disposizioni legislative in materia di istruzione, così come precisato dal richiamato art. 1, co. 180 della legge n. 107/2015.
Secondo l'insegnamento della Corte Costituzionale la delega "per il riordino, concede al legislatore delegato un limitato margine di discrezionalità per l'introduzione di soluzioni innovative, le quali devono comunque attenersi strettamente ai princìpi e ai criteri direttivi enunciati dal legislatore delegante" (Corte Cost., sent. n. 61/2020). Tra questi, nel caso di specie, il comma 181 della disposizione richiamata, alla lettera c), segnatamente, non pare contemplare alcuna facoltà per il legislatore delegato di modificare le modalità di assegnazione delle ore di sostegno agli alunni disabili, come dimostrato al punto 5), ove al Governo è semplicemente chiesto di effettuare una "revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l'integrazione e l'inclusione o agli incontri informali".
4.2 Tuttavia, a fronte di tale lacuna il Collegio ritiene debba comunque essere tenuto in considerazione l'intimo rapporto intercorrente tra l'accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell'inclusione scolastica e la redazione del piano educativo individualizzato (PEI), che pare poter costituire un fertile sostrato su cui innestare un intervento di coordinamento normativo in materia di assegnazione delle misure di sostegno, al fine di riordinare, semplificare e rendere armonica la materia, così come imposto dalla legge delega a monte. Detto rapporto di stretta consequenzialità tra gli atti sopra menzionati, è peraltro rinvenibile dalla lettura della disposizione di cui all'art. 12, co. 5 della legge n. 104/92, ove prevede che il richiamato accertamento della disabilità sia "propedeutico alla redazione del profilo di funzionamento, predisposto secondo i criteri del modello bio-psico-sociale della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), ai fini della formulazione del Piano educativo individualizzato (PEI) facente parte del progetto individuale".
Peraltro, la possibilità per il Governo di intervenire in materia potrebbe essere altresì desunta per mezzo di altra via, ossia valorizzando l'espresso richiamo effettuato dalla legge n. 107/2015 ai principi ed ai criteri di cui all'art. 20 della legge n. 59/1997, mediante la quale è stata illo tempore attribuita "Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della pubblica amministrazione e per la semplificazione amministrativa". Con specifico riguardo a tale riferimento normativo pare dunque possibile prendere in considerazione, ai fini che qui interessano, sia il principio dettato dall'art. 20, co. 3, lett. a-bis, sia quello contenuto al successivo comma 4, lettera f). Nel primo caso si prevede la necessità di assicurare il "coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo", mentre la seconda disposizione contempla l'"aggiornamento delle procedure, prevedendo la piu' estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell'azione amministrativa". Entrambi i criteri richiamati, tuttavia, se da un lato sembrano in astratto legittimare il Governo ad apportare delle modifiche al procedimento di individuazione delle ore di sostegno, attesa la stretta connessione tra questo e gli atti presupposti costituiti dall'accertamento della condizione di disabilità e dal profilo di funzionamento, dall'altro lato perimetrano attentamente tale potere, consentendo il suo esplicarsi al solo fine di garantire il necessario coordinamento della materia.
4.3 Pertanto, se per le suesposte ragioni non può disconoscersi in nuce che la modifica delle modalità di accertamento e di certificazione della disabilità per l'inclusione scolastica, espressamente contemplata dalla legge delega, possa comunque consentire al legislatore delegato di adottare delle disposizioni di raccordo sulle modalità di assegnazione delle misure di sostegno e sulla redazione dei PEI, al fine di rendere il sistema interamente allineato nella nuova prospettiva ICF dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, tale intervento deve comunque essere proporzionato al raggiungimento di tale scopo, non potendosi ammettere che tale circostanza costituisca un'occasione per ridisegnare surrettiziamente la materia in modo sostanziale, obliterando la cornice disegnata dai richiamati principi e criteri direttivi promananti dalla legge delega a monte.
Del resto, il fatto che la delega all'Amministrazione di cui all'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017 sia stata introdotta non dall'atto avente forza di legge originario, quanto piuttosto dal successivo correttivo di cui al d.lgs. n. 96/2019, non sposta i termini del problema. In merito, invero, la legge delega n. 107/2015, all'art. 1, co. 184, segnatamente, ha previsto che "Entro due anni dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 180, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con la procedura previsti dai commi 181 e 182 del presente articolo, il Governo puo' adottare disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi", ribadendo dunque la necessità, anche in sede di adozione dei decreti correttivi e/o integrativi, di rispettare i richiamati principi e i criteri direttivi a monte.
4.4 Venendo al caso di specie, occorre altresì evidenziare come l'esecutivo, anziché disciplinare direttamente tali aspetti all'interno del decreto legislativo n. 66/2017, ha ritenuto opportuno affidare il compito ad un decreto da adottarsi a cura dei Ministri dell'Istruzione e dell'Economia e delle Finanze mediante il richiamato art. 7, co. 2-ter.
Sulla facoltà del legislatore delegato di chiamare in causa l'Amministrazione per il completamento di una determinata disciplina la Corte Costituzionale si è già più volte espressa in senso favorevole. A parere della Consulta, invero, non costituisce un'illegittima subdelegazione, come tale incompatibile con l'art. 76 Cost., la previsione, contenuta nella legge delegata, con la quale sia previsto il conferimento al potere esecutivo di potestà regolamentari (sent. nn. 126/1976, 91/1968, 79/1966 e 20/1960), ovvero di compiti amministrativi di natura tecnica (sent. nn. 127/1981, 139/1976, 106/1967). Tuttavia, lo stesso giudice delle leggi ha riscontrato l'illegittimità del decreto legislativo che non si limiti ad affidare ad atti amministrativi l'esecuzione di scelte già delineate nelle loro linee fondamentali negli atti con forza di legge del Parlamento e del Governo, lasciando nell'indeterminatezza aspetti essenziali della nuova disciplina, dislocando di fatto l'esercizio della funzione normativa del Governo, nella sua collegialità, ai singoli Ministri (cfr. Cort. Cost., sent. n. 104/2017).
Se, dunque, in astratto non pare potersi escludersi che il completamento della disciplina delegata al potere esecutivo in via normativa sia affidata ad atti successivi dell'Amministrazione, tale delega, tuttavia, deve necessariamente contenere le dovute indicazioni atte a disegnare il confine entro il quale la p.a. ha la possibilità di muoversi.
Nel caso oggetto dell'odierna controversia, va rilevato come la prefata delega del Governo ai Ministri dell'Istruzione e dell'Economia e delle Finanze, si limiti esclusivamente a circostanziare l'oggetto dell'intervento rimesso all'Amministrazione, riservando a quest'ultima di individuare "le modalità, anche tenuto conto dell'accertamento di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per l'assegnazione delle misure di sostegno di cui al presente articolo e il modello di PEI, da adottare da parte delle istituzioni scolastiche". In assenza di ulteriori elementi, l'esercizio dell'azione amministrativa deve ritenersi legittimo laddove possa dirsi rispettoso, anzitutto, della cornice disegnata dalla legge delega n. 107/2015, mediante i principi ed i criteri direttivi ivi indicati, nonché delle disposizioni emanate con il decreto legislativo n. 66/2017.
Il tenore della norma pocanzi richiamata, peraltro, pare confermare quanto già evidenziato in precedenza, ossia che la ridefinizione delle modalità di assegnazione delle misure di sostegno e dei modelli di PEI, nel dover tenere in debita considerazione l'accertamento di cui all'art. 4 della legge n. 104/92, così come modificato dallo stesso d.lgs. n. 66/2017, debba limitarsi a garantire il necessario coordinamento tra la nuova modalità di accertamento della situazione di disabilità in età evolutiva ai fini dell'inclusione e la determinazione delle misure di sostegno da assegnare a ciascun alunno con disabilità, senza prevedere alcuna delega "in bianco" con riferimento a molteplici altri aspetti che, di fatto, il decreto impugnato e i suoi allegati hanno effettivamente disciplinato, peraltro in maniera innovativa e non sempre nell'ottica della promozione dell'inclusione, come si avrà modo di evidenziare nel prosieguo.
In altri termini, così come strutturata la delega del Governo all'Amministrazione, contenuta nell'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017, non pare far emergere dubbi di costituzionalità, con particolare riferimento all'art. 76 della Costituzione. In un contesto di tal fatta, tuttavia, i limiti posti dal Parlamento al legislatore delegato, così come sopra riassunti, devono necessariamente essere rispettati dall'Amministrazione nell'esercizio delle funzioni ad essa delegate, pena l'illegittimità del suo operato, rilevabile dal giudice amministrativo.
5. Così riassunto il quadro normativo di riferimento ed effettuate le considerazioni preliminari di cui sopra, il Collegio intende procedere con l'esame delle censure formulate con il ricorso.
Il ricorso è fondato e merita accoglimento nei termini di seguito precisati.
6. In primo luogo, deve essere rilevato come il Governo non abbia espressamente autorizzato l'Amministrazione ad adottare un regolamento, così come invece effettuato in altre disposizioni dello stesso d.lgs. n. 66/2017 (v. ad esempio all'art. 12, co. 5), limitandosi ad indicare che alla sua delega fosse data attuazione mediante l'adozione di un decreto interministeriale.
6.1 Come noto, mentre per la qualificazione delle fonti primarie è necessario e sufficiente il solo criterio formale, atteso che esse sono costituite da un numerus clausus enunciato in Costituzione, per quelle secondarie, che invece rappresentato un fenomeno eterogeneo ed articolato, la giurisprudenza è da tempo giunta a ritenere irrinunciabile il ricorso al criterio sostanziale. L'identificazione di tali fonti, che costituiscono atti formalmente amministrativi ma sostanzialmente normativi e, in particolare, la loro distinzione dagli atti amministrativi generali, si basa sul positivo riscontro, o meno, dei caratteri della generalità, dell'astrattezza e dell'innovatività delle prescrizioni dalle stesse veicolate. La necessità di distinguere tra regolamenti e atti amministrativi generali discende dalla loro diversa natura giuridica, cui conseguono inevitabili e rilevanti precipitati sia dal punto di vista sostanziale che processuale. Senza dilungarsi oltre, in ossequio al principio di sinteticità degli atti processuali, di fondo è possibile affermare che mentre gli atti amministrativi generali sono espressione di una mera potestà amministrativa e, in quanto tali, devono necessariamente essere funzionali alla cura concreta di interessi pubblici, i regolamenti, invece, rappresentano l'estrinsecazione della potestà normativa (secondaria) riservata all'Amministrazione.
6.2 Orbene, dalla lettura della mera indicazione dell'adozione di un decreto di concerto tra i due Ministeri in parola, unitamente alla tipologia di questioni delegate, riferibili alla individuazione delle modalità di assegnazione delle misure di sostegno e modelli di PEI da adottare, a parere della difesa erariale dovrebbe sussumersi che l'Amministrazione sia stata chiamata ad adottare un mero atto amministrativo di natura generale, disciplinante specifici aspetti tecnici, non potendo dunque il decreto impugnato essere qualificato alla stregua di un regolamento.
Secondo la prospettazione di parte ricorrente, per converso, il decreto in questione avrebbe proprio natura regolamentare, attesa la sussistenza dei requisiti della generalità, dell'astrattezza e dell'innovatività delle disposizioni in esso contenute, con conseguente violazione, anzitutto, delle norme procedimentali per l'approvazione di tali fonti normative prescritte dall'art. 17 della legge 400/1988.
6.3 Sulla asserita libertà dell'Amministrazione delegata di decidere, di volta in volta ed in assenza di statuizioni normative precise sul punto, se esercitare una delega contenuta in una fonte di rango primario optando per il ricorso ad uno strumento regolamentare ovvero ad altri atti atipici di natura non regolamentare, ha già avuto modo di esprimersi l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza n. 9/2012.
In tale occasione, il Supremo consesso amministrativo ha precisato che "nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di "fuga dal regolamento" (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l'adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi mediante atti "atipici", di natura non regolamentare, specie laddove la norma che attribuisce il potere normativo nulla disponga (come in questo caso) in ordine alla possibilità di utilizzare moduli alternativi e diversi rispetto a quello regolamentare tipizzato dall'art. 17 della legge n. 400 del 1988".
Né pare potersi sostenere, avallando l'orientamento dottrinale che considera "aperto" il catalogo delle fonti secondarie, consentendo alla legge di creare fonti atipiche, che con la disposizione di cui all'art. 7, co. 2-ter del richiamato d.lgs. n. 66/2017 il Governo abbia voluto perseguire tale obiettivo. A siffatta conclusione, invero, osta sia la mancata manifestazione di una esplicita volontà in tal senso da parte del legislatore delegato, sia l'espresso richiamo effettuato ad una fonte tipica come il decreto interministeriale, oltre che, da ultimo, la mancata previsione di un procedimento di formazione ad hoc della nuova fonte normativa, in grado di sostituire, mediante una legge successiva, quello compiutamente delineato in via generale dall'art. 17 della legge n. 400/1988.
6.4 Chiarito che l'autoqualificazione dell'atto da parte dell'Amministrazione non assume alcuna rilevanza ai fini del suo inquadramento giuridico quale regolamento o come atto amministrativo generale, occorre pertanto procedere ad una verifica, in concreto, circa la possibilità di rinvenire i caratteri della generalità, dell'astrattezza e dell'innovatività nel decreto gravato.
6.4.1 Riguardo al primo aspetto, con la pronuncia sopra richiamata l'Adunanza Plenaria ha altresì avuto modo di chiarire che "non può certamente essere condivisa la conclusione secondo cui un atto può essere qualificato come normativo soltanto se si indirizza, indistintamente, a tutti i consociati". [...] Ciò in quanto la "generalità e l'"astrattezza" [...] non possono e non devono essere intesi nel senso di applicabilità indifferenziata a ciascun soggetto dell'ordinamento, ma, più correttamente, come idoneità alla ripetizione nell'applicazione (generalità) e come capacità di regolare una serie indefinita di casi (astrattezza)" (Ad. Plen. sent. n. 9/2012 cit.).
In ossequio a tali coordinate esegetiche deve anzitutto verificarsi se le disposizioni di cui al decreto n. 182/2020 siano destinate ad una platea di destinatari non predeterminabile, oppure se questi, pur non essendo individuabili ex ante, lo siano comunque ex post, così come avviene nel caso degli atti amministrativi generali. Quest'ultima tipologia di atti, per vero, si caratterizza per non essere destinata a regolare una serie indeterminata di casi, quanto piuttosto una singola vicenda, esaurita la quale vengono meno anche i loro effetti, in ossequio alla loro natura amministrativa e non normativa. Al riguardo, pare possibile citare, a titolo di esempio, i bandi di gara (o di concorso), ovvero l'ordinanza con cui il Ministro dell'Istruzione disciplina, limitatamente a ciascun anno scolastico, le modalità di svolgimento degli esami di stato. In tali casi, l'aggiudicazione della gara (o la pubblicazione della graduatoria finale per i concorsi), ovvero la conclusione degli esami di stato, sono eventi che determinano l'esaurimento della specifica vicenda amministrativa disciplinata dagli atti amministrativi generali a monte, con conseguente venir meno della loro efficacia.
Orbene, dalla piana lettura del decreto impugnato emerge come le disposizioni ivi contenute siano destinate ad una generalità di destinatari, nel senso sopra precisato, non essendo possibile, neppure ex post, circoscrivere la loro portata solo ad alcuni di essi, individuandoli esattamente ed una volta per tutte.
6.4.2 Anche sotto il profilo dell'astrattezza il provvedimento in questione risulta essere idoneo a regolare una serie indefinita di casi, dettando una disciplina generale per la determinazione delle ore di sostegno valevole per i futuri anni scolastici, in assenza di qualsivoglia limite temporale.
6.4.3 Da ultimo, va rilevato come l'intero decreto, anziché dettare delle mere disposizioni di coordinamento per rendere armonico il quadro normativo in materia in conseguenza del mutamento della prospettiva in tema di accertamento della disabilità ai fini dell'inclusione scolastica e dei contenuti del profilo di funzionamento, così come in precedenza evidenziato, innova fortemente la materia, con disposizioni che non paiono poter essere ricomprese né nel perimetro tracciato dalla legge delega (riordino, semplificazione e codificazione), né in quello sussumibile dal richiamato art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017.
6.5 A discapito di quanto sostenuto dalle Amministrazioni resistenti, dunque, il decreto impugnato, per i suoi contenuti, presenta tutti i caratteri di una fonte secondaria di secondo grado, sub specie di regolamento, con conseguente violazione delle norme procedimentali per la sua adozione, dettate dall'art. 17 della legge n. 400/1988, così come evidenziato con la prima censura del gravame.
7. Tanto chiarito, il Collegio deve comunque rilevare che l'illegittimità del decreto gravato non riguarda soltanto l'assorbente aspetto del suo procedimento di formazione in relazione al suo contenuto, ma deve essere estesa anche ai profili di contrasto esistenti tra quest'ultimo ed i principi e criteri direttivi promananti dalla richiamata legge n. 107/2015, nonché con la delega di cui all'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017 e con altre norme, nazionali ed internazionali, in materia di inclusione di soggetti affetti da disabilità.
7.1 Con riferimento al primo aspetto de quo va invero accolto il terzo motivo di gravame.
7.1.1 A fronte della precisa delega contenuta nel più volte richiamato art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017, le Amministrazioni resistenti, anziché limitare il proprio raggio di intervento alle modalità di individuazione delle misure di sostegno ed ai modelli di PEI da utilizzare, si sono invece spinte fino a dettare una autonoma disciplina del Gruppo di lavoro operativo per l'inclusione (GLO). Emblematica, in tal senso, è la statuizione di cui art. 3, co. 6 del decreto n. 182/2020, ove si prevede che "Il Dirigente scolastico può autorizzare, ove richiesto, la partecipazione di non più di un esperto indicato dalla famiglia", a fronte della disposizione di cui all'art. 15, co. 10 della legge n. 104/1992 che contempla, invece, la partecipazione al gruppo di lavoro di "figure professionali specifiche, interne ed esterne all'istituzione scolastica che interagiscono con la classe e con la bambina o il bambino, l'alunna o l'alunno, la studentessa o lo studente con disabilità", utilizzando dunque il plurale, non il singolare.
La norma, pertanto, oltre ad essere innovativa ed ultronea rispetto alle delega ricevuta, in quanto ai Ministeri resistenti non è stata attribuita dal Governo alcuna facoltà di disciplinare il funzionamento dei gruppi di lavoro in materia di inclusione scolastica, finisce addirittura per conferire, in via autonoma, un potere di autorizzazione al dirigente scolastico che incide sulle garanzie procedimentali delle famiglie e/o degli alunni disabili, ponendosi in evidente contrasto rispetto a quanto contemplato dalla normativa di rango primario sopra richiamata.
7.1.2 Sempre in tema di partecipazione degli esperti esterni nominati dalla famiglia al GLO, peraltro, va altresì sottolineato come un'ulteriore disposizione limitativa in tal senso si rinviene anche nelle linee guida allegate al decreto, anch'esse impugnate nell'odierno giudizio. A pagina 9 del documento in parola, per vero, si legge che "Uno specialista privato può essere individuato quale partecipante del GLO solo se dichiara di non essere retribuito dalla famiglia". Anche in tale contesto, dunque, oltre ad essere ribadito che il professionista esterno possa essere uno soltanto, si aggiunge un ulteriore requisito, oltremodo restrittivo peraltro, senza che nessuna norma primaria abbia mai autorizzato una limitazione di tal fatta.
7.1.3 Quanto pocanzi evidenziato, peraltro, fa sorgere altresì delle perplessità sulla tecnica utilizzata dai Ministeri resistenti per l'adozione del decreto interministeriale in parola, atteso che le linee guida ad esso allegate, lungi dal potersi considerare delle mere istruzioni per uniformare l'attività dei gruppi di lavoro sul territorio e per la compilazione dei modelli di PEI adottati, si atteggiano come se fossero state a loro volta delegate a dettare disposizioni su questioni che avrebbero dovuto essere interamente disciplinate dal decreto, quantomeno stando alla lettera dell'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017.
Ad onta di quanto contemplato dalla legge delega n. 107/2015, ove si faceva espresso riferimento ai limiti del riordino, della semplificazione e della codificazione, il Governo, prima, e le Amministrazioni intimate, poi, hanno dato vita ad una serie di deleghe "a cascata", generando una stratificazione di fonti normative anziché procedere alla loro compattazione. Se, come già precisato in precedenza, l'insegnamento della Corte Costituzionale ammette la possibilità che il legislatore delegato affidi alla p.a. il potere-dovere di completare una determinata disciplina, appare evidente come l'operato complessivo di tutti i soggetti istituzionali coinvolti nella vicenda debba comunque rimanere fedele ai principi ed ai criteri direttivi contenuti nella fonte primaria a monte. In tale ottica, si ritiene sia quantomeno contraria a logiche di semplificazione e di codificazione l'intervenuta segmentazione della regolazione della materia in più fonti, decreto e linee guida, senza contare che l'adozione di queste ultime, oltre a comportare inevitabili e rilevanti problemi esegetici (primo tra tutti quello dell'individuazione della loro natura giuridica, la cui soluzione è tutt'altro che scontata), non trova neppure nessun addentellato normativo su cui poter poggiare.
7.2 Per quanto riguarda gli innovativi istituti contemplati dal decreto impugnato che non solo esorbitano dalla delega ricevuta, violando i principi e criteri direttivi della legge n. 107/2015, ma che paiono porsi altresì in contrasto con norme internazionali in materia di tutela della disabilità, devono trovare accoglimento le doglianze contenute nella sesta, nella settima e nell'ottava censura del gravame, con particolare riferimento alle previsioni contenute nel decreto impugnato, e nei suoi allegati, relative a:
- predeterminazione rigida e rigorosa del range delle ore di sostegno attribuibili dal GLO, con stretto legame dello stesso rispetto al "debito di funzionamento" ed esautorazione della discrezionalità tecnica dell'organo collegiale;
- possibilità di esonero generalizzato degli alunni disabili da alcune attività della classe, con partecipazione ad attività di laboratorio separate, in contrasto con le disposizioni di cui al d.lgs. n. 62/2017, dove la possibilità di esonero è contemplata con riferimento ai soli studenti con DSA (disturbi specifici dell'apprendimento), in presenza di ulteriori comorbilità adeguatamente certificate, e soltanto per le lingue straniere, peraltro previo assenso della famiglia e deliberazione del consiglio di classe;
- facoltà di predisposizione di un orario ridotto di frequenza alle lezioni, in assenza di possibilità di recuperare le ore perdute per terapie e/o prestazioni di natura sanitaria, con conseguente contrasto con le disposizioni di carattere generale sull'obbligo di frequenza delle lezioni.
7.2.1 Su tali aspetti, pare doveroso osservare come la necessità di garantire la piena inclusione degli studenti disabili, cui la personalizzazione delle misure di sostegno rappresenta lo strumento cardine, affonda le sue radici in norme internazionali di rango pattizio, quali la Convenzione O.N.U. per i diritti delle persone disabili, ratificata dal nostro Paese con la legge n. 18/2009. Quest'ultima, per vero, impone agli Stati firmatari l'adozione degli adattamenti necessari per assicurare alle persone affette da disabilità il godimento e l'esercizio, in condizione di uguaglianza con gli altri consociati, dei diritti umani e delle libertà fondamentali, in ossequio al principio dell'"accomodamento ragionevole", richiamato all'art. 2 della medesima Convenzione. La sua ratio è quella che debba essere il "contesto", inteso come ambiente, procedure, strumenti educativi ed ausili, a doversi adattare agli specifici bisogni delle persone disabili, e non viceversa.
Tale dettame normativo, che costituisce parametro interposto di costituzionalità, ai sensi dell'art. 117, co. 1 Cost. e, in quanto tale, è in grado di uniformare l'attività del legislatore in materia, è stato peraltro oggetto di importanti pronunce la Corte Costituzionale (sent. n. 80/2010), sia della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (sentenza 10 settembre 2020 sul ricorso n. 59751/15), che hanno avuto modo di chiarire, in maniera non equivocabile, come le esigenze di finanza pubblica non possano giustificare restrizioni alle tutele da riservarsi agli studenti disabili, con ciò significando che lo Stato è tenuto a porre in essere tutte le misure necessarie per garantire il loro diritto all'istruzione e la loro piena ed effettiva inclusione. Ciò non significa che ogni disabilità comporti l'automatica attribuzione del massimo delle ore di sostegno, ossia un'assistenza specialistica sovrabbondante o comunque non necessaria, ma neppure è ammissibile che esigenze di finanza pubblica possano indebitamente limitare detta assegnazione, riducendola oltre modo rispetto a quanto sarebbe invece necessario per il raggiungimento dello scopo.
7.2.2 Con riferimento alla riforma partita dalla legge c.d. "buona scuola", della quale il d.lgs. n. 66/2017 e i provvedimenti oggi impugnati costituiscono esecuzione, con la sentenza n. 6920/2021 questa Sezione ha già avuto modo di evidenziare come "La legge delega n. 107/2015 parla espressamente di "promozione dell'inclusione scolastica degli studenti con disabilità", mentre il d.lgs. n. 66/2017, attuativo della riforma scolastica in tale materia, oltre a fare parimenti uso del termine "promozione" nella sua intestazione, vede anche intitolata la rubrica del Capo IV, ove è contenuto anche il richiamato art. 10, "Progettazione e organizzazione scolastica per l'inclusione". Ciò senza contare che, da ultimo, il decreto legislativo in parola è stato pressoché unanimemente salutato come il "decreto dell'inclusione". Orbene, da tali indici sintomatici non può non evincersi come la riforma abbia ad oggetto il miglioramento complessivo delle condizioni per rendere effettivo il diritto all'inclusione scolastica degli studenti disabili, dovendo ritenersi essere questa, dunque, la sola chiave di lettura da utilizzare per estrapolare, in via ermeneutica, le norme applicabili dalle disposizioni normative dettate dal legislatore delegato, dovendosi escludere interpretazioni, come quella riportata in apertura, che ampliando in maniera smisurata ed incontrollata i poteri discrezionali di organi collegiali non ubicati in una sufficiente posizione di vicinitas rispetto allo studente disabile e, comunque, portatori di interessi in potenziale contrasto con la necessità di garantire la piena inclusione di tali categorie di soggetti (si pensi, ad esempio, ad esigenze di finanza pubblica), risulterebbero essere non solo antitetiche rispetto ai richiamati dettami costituzionali ma anche rispetto agli stessi principi e criteri direttivi della legge delega che, come sopra evidenziato, mirano a rafforzare, non ad indebolire, l'inclusione degli studenti disabili rispetto alla normativa previgente".
7.2.3 Anche per tali aspetti, dunque, il decreto interministeriale impugnato, ed i suoi allegati, veicolano dei contenuti esorbitanti rispetto alla delega ricevuta, ridisegnando il procedimento di assegnazione delle ore di sostegno in maniera peraltro non rispettosa rispetto alle richiamate fonti sopra ordinate.
7.3 Da ultimo, il Collegio intende dare risalto ad un ulteriore aspetto sollevato dalla parte ricorrente con la quinta censura del gravame e che, a ben vedere, si ricollega con quanto esposto in questa stessa sentenza al precedente punto 4.3.
7.3.1 Se, come si è detto, l'intervento del Governo in tema di individuazione delle misure di sostegno, poi devoluto alle Amministrazioni resistenti con l'art. 7, co. 2-ter del d.lgs. n. 66/2017, non essendo coperto da alcuno dei principi e criteri direttivi richiamati dalla legge delega n. 107/2015, può comunque trovare una sua valida giustificazione nella necessità, rinvenibile dall'interpretazione della legge delega, di procedere al coordinamento della materia in conseguenza della disposta modifica delle modalità di accertamento della condizione di disabilità in età evolutiva ai fini dell'inclusione e della discendente certificazione sanitaria (profilo di funzionamento), pare quanto meno illogico che il decreto interministeriale impugnato sia stato adottato prima di quello delegato (e non ancora emanato) di cui all'art. 5, co. 6 del medesimo d.lgs. n. 66/2017, con il quale è stato previsto che "Con decreto del Ministro della salute, di concerto con i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, dell'economia e delle finanze, per la famiglia e le disabilità, per gli affari regionali e le autonomie [...] sono definite le Linee guida contenenti: a) i criteri, i contenuti e le modalità di redazione della certificazione di disabilità in età evolutiva, ai fini dell'inclusione scolastica, tenuto conto della Classificazione internazionale delle malattie (ICD) e della Classificazione internazionale del funzionamento, della disabilità e della salute (ICF) dell'OMS; b) i criteri, i contenuti e le modalità di redazione del Profilo di funzionamento, tenuto conto della classificazione ICF dell'OMS".
La giustificazione sul punto offerta dalle Amministrazioni resistenti, peraltro, è capziosa e non pare idonea a dipingere il reale quadro della situazione.
Sostenere che fosse nell'intenzione del legislatore originario che gli atti impugnati fossero adottati prima delle linee guida del Ministero della Salute sopra menzionate, atteso che per l'emanazione dei primi il d.lgs. n. 66/2017 ha previsto solo sessanta giorni a fronte dei centottanta contemplati in tal senso per le seconde, vuol dire tenere in non cale la circostanza, determinante a parere del Collegio, che mentre quest'ultimo termine è stato previsto dall'atto avente forza di legge originario, entrato in vigore il 31 maggio 2017, il primo termine de quo, invece, relativo all'adozione dei provvedimenti gravati, è stato introdotto dal decreto correttivo, ossia ben due anni dopo.
7.3.2 Comunque, ciò che pare essere particolarmente significativo è che in assenza di una modifica effettiva delle modalità di accertamento della disabilità in età evolutiva e delle discendenti certificazioni, le cui disposizioni risultano al momento ferme al livello normativo non essendo state ancora portate ad attuazione da parte del Governo, pare difettare, sul piano fattuale se non anche su quello giuridico, il presupposto necessario per l'adozione del decreto impugnato, non essendosi ancora realizzata, in concreto, alcuna necessità di coordinamento tra le anzidette disposizioni e le modalità di assegnazione delle ore di sostegno, ovvero di redazione del PEI. A riprova di ciò, sono le stesse Amministrazioni a prevedere che nel periodo transitorio, ossia nelle more dell'adozione delle prefate linee guida da parte del Ministero della Salute e degli altri Ministeri chiamati in causa, i GLO debbano continuare a prendere in considerazione le precedenti certificazioni sanitarie, ossia la diagnosi funzionale ed il profilo dinamico funzionale che, tuttavia, non essendo basate sul modello ICF, non necessitano di alcuna norma di adeguamento per la redazione del PEI.
Sul punto, va altresì sottolineato come la scelta del potere di esecutivo di delegare all'Amministrazione il completamento della disciplina oggetto della riforma, così come individuata dalla legge delega a monte, non può neppure risolversi in un sostanziale aggiramento del termine previsto da quest'ultima per l'esercizio della delega legislativa.
7.3.3 In definitiva, non pare possibile ritenere che l'articolato contesto normativo sopra riepilogato, dal quale è derivata la genesi del decreto impugnato e dei suoi allegati, possa costituire un valido sostrato per ridisegnare, in maniera radicale ed in via amministrativa, aspetti relativi all'inclusione dei discenti disabili che, in primo luogo, non sono stati contemplati dai principi e criteri direttivi della legge delega e che, in secondo luogo, allo stato dei fatti non sembrano neppure necessitare di alcun coordinamento con le nuove disposizioni normative in tema di accertamento e certificazione della disabilità, tenuto conto che, ad esse, il Governo non ha neppure ancora provveduto a dare piena attuazione.
8. Per le suesposte ragioni, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del decreto interministeriale impugnato e dei suoi allegati.
9. In considerazione della novità e della peculiarità delle questioni trattate sussistono eccezionali ragioni per compensare le spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
1) dichiara inammissibile l'intervento ad adiuvandum;
2) accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 luglio 2021 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Sapone, Presidente Claudia Lattanzi, Consigliere
Daniele Profili, Referendario, Estensore