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Circolare Ministero dell'Economia e delle Finanze 07.04.2022, n. 17

I tempi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni - Adempimenti previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, come modificata dal decreto legge 6 novembre 2021, n. 152.

Premessa

Nell'ambito della seconda fase della procedura d'infrazione UE n. 2014/2143 - Attuazione della direttiva 2011/7/UE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali - a seguito della sentenza di condanna pronunciata dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, in data 28 gennaio 2020, per la violazione da parte dell'Italia della direttiva, la Commissione europea ha aperto una nuova fase di interlocuzione, in cui ha chiesto all'Italia la trasmissione di un monitoraggio con cadenza semestrale dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni. Le risultanze del monitoraggio sono essenziali ai fini di una positiva conclusione della procedura d'infrazione, ovvero possono costituire, qualora permangano situazioni di mancato rispetto dei tempi di pagamento da parte delle pubbliche amministrazioni, elemento di aggravamento della procedura in essere, con ciò determinando un possibile nuovo deferimento dell'Italia dinanzi la Corte di Giustizia europea e la comminazione di rilevanti sanzioni pecuniarie.

Inoltre, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) dell'Italia, approvato con decisione di esecuzione del Consiglio europeo il 13 luglio 2021, definisce, oltre ad un ampio programma di investimenti, un pacchetto di riforme cosiddette "abilitanti" per le quali, al pari degli investimenti, vengono stabiliti precisi obiettivi e traguardi, cadenzati temporalmente, al cui conseguimento è subordinata l'assegnazione delle risorse del PNRR previa verifica semestrale. Tra le riforme abilitanti del PNRR, che l'Italia si è impegnata a realizzare in linea con le raccomandazioni della Commissione europea, è prevista la Riforma n. 1.11 relativa alla "Riduzione dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni e delle autorità sanitarie".

La Riforma prevede il conseguimento di specifici obiettivi di performance (milestone e target), fissati nell'ambito di un cronoprogramma di attuazione, fra i quali il raggiungimento del rispetto dei tempi di pagamento previsti dalla normativa nazionale ed europea entro il quarto trimestre 2023, con conferma nel 2024. Ai fini della verifica dei predetti obiettivi, sono stati definiti precisi criteri operativi di misurazione (operational arrangements) basati su indicatori elaborati sui dati della piattaforma dei crediti commerciali - PCC.

Nella prospettiva di corrispondere pienamente alle richieste della Commissione, sia nell'ambito del prosieguo della procedura di infrazione che in relazione agli impegni assunti con la Riforma n. 1.11 del PNRR, si rende necessario che tutti i soggetti in indirizzo concorrano, in ragione dei rispettivi profili di competenza, ad assicurare la piena attuazione delle disposizioni previste dal quadro normativo vigente sui tempi di pagamento dei debiti commerciali delle pubbliche amministrazioni. A tal fine, la presente circolare fornisce utili indicazioni sugli aspetti di maggior rilievo connessi alle modalità di applicazione delle misure di garanzia per il rispetto dei tempi di pagamento previste dalla legge n. 145 del 2018 (Legge di bilancio 2019), come successivamente modificata dall'articolo 9, comma 2 del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152 convertito, con modificazioni, dalla legge 29 dicembre 2021, n.233.

 

1. Il monitoraggio dei tempi di pagamento - le modifiche normative del DL n. 152/2021

Al fine di rafforzare e consolidare il processo di convergenza nel miglioramento dei tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni italiane, la legge 30 dicembre 2018, n. 145, come novellata dal decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, introduce[1] per gli enti e organismi di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diversi dalle amministrazioni dello Stato, misure tese a garantire sia il rispetto dei tempi di pagamento previsti dalla direttiva europea[2], sia lo smaltimento dello stock di debiti pregressi.

In proposito, si rammenta che taluni adempimenti, originariamente previsti a partire dall'anno 2020, hanno trovato concreta applicazione a partire dall'anno 2021 in virtù del rinvio disposto dall'art. 1, comma 854, lett. a) della legge 27 dicembre 2019, n. 160.

Ciò premesso, l'applicazione delle misure di garanzia è basata sulla verifica di due indicatori previsti dall'art. 1, comma 859, lettere a) e b), della citata legge n. 145 del 2018:

1) indicatore di riduzione del debito pregresso: si applicano le misure se il debito commerciale residuo scaduto alla fine dell'esercizio precedente non si sia ridotto almeno del 10% rispetto a quello del secondo esercizio precedente. Le misure non si applicano se il debito commerciale residuo scaduto, rilevato alla fine dell'esercizio precedente, non è superiore al 5% del totale delle fatture ricevute nel medesimo esercizio;

2) indicatore di ritardo annuale dei pagamenti: si applicano le misure se l'amministrazione rispetta la condizione di cui alla lett. a), ma presenta un indicatore di ritardo annuale dei pagamenti calcolato sulle fatture ricevute e scadute nell'anno precedente non rispettoso dei termini di pagamento delle transazioni commerciali, come fissati dal decreto legislativo n. 231 del 2002.

Entrambi gli indicatori sono elaborati mediante la piattaforma dei crediti commerciali - PCC; i tempi di ritardo sono calcolati tenendo conto delle fatture scadute che le amministrazioni non hanno ancora provveduto a pagare, alle quali è applicata "convenzionalmente"[3] la data di pagamento al 31.12 dell'anno, nonché delle fatture pagate nel periodo anche se non ancora scadute. Limitatamente agli anni 2022 e 2023, le amministrazioni pubbliche possono elaborare l'indicatore relativo al debito commerciale residuo sulla base dei propri dati contabili se trasmettono al sistema PCC la comunicazione relativa allo stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati relativa ai due esercizi precedenti, previa verifica dell'organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile. A tal fine, la comunicazione relativa allo stock di debito è richiesta anche agli enti soggetti alla rilevazione SIOPE plus.[4]

Con riferimento all'utilizzo di tale facoltà, per il 2022 e 2023, ogni singola pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, diversa dalle amministrazioni dello Stato, avrà cura di: i) trasmettere, mediante l'apposita funzionalità del sistema PCC, la comunicazione[5] dell'importo del debito commerciale residuo scaduto per i due esercizi finanziari precedenti. A titolo esemplificativo, se l'amministrazione intende avvalersi nel 2022 della facoltà di calcolare il debito residuo scaduto al 31.12.2021 sulla base dei propri dati contabili, deve comunicare contestualmente anche quello scaduto al 31.12.2020; ii) sottoporre alla verifica del competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile l'avvenuta comunicazione dello stock di debito residuo scaduto.

Le amministrazioni pubbliche che si avvalgono della facoltà di applicare le misure di garanzia relative allo stock di debito residuo scaduto a partire dai propri dati contabili avranno cura di verificare le eventuali cause di scostamento con i dati presenti nel sistema PCC e di completare, in particolare, le registrazioni dei pagamenti mancanti al fine di allineare i dati sulle posizioni debitorie risultanti dalla predetta piattaforma con l'importo dello stock di debito calcolato sulle scritture contabili.

Al fine di agevolare l'attività di allineamento dei dati, l'attuale modalità semplificata, prevista nel sistema PCC per la registrazione dei pagamenti relativi alle fatture emesse dai fornitori e pagate dall'ente entro il 31 dicembre 2017, verrà estesa alle fatture emesse fino alla data di adozione del Siope plus (e comunque, non oltre il 31.12.2018), per gli enti che adottano tale sistema, e alle fatture emesse fino alla data del 31.12.2018, per tutte le altre pubbliche amministrazioni che registrano i dati dei pagamenti direttamente nel sistema PCC.

Per quanto riguarda la comunicazione dello stock di debito residuo scaduto si segnala che, laddove l'amministrazione risulti inadempiente, oppure non abbia trasmesso correttamente e tempestivamente al sistema PCC i pagamenti delle fatture, a decorrere dal 2021 (per le risultanze relative all'anno 2020), si applicano le misure massime di garanzia prescritte[6].

Ciò esposto, gli enti e gli organismi in argomento - anche costituiti in forma societaria - avranno cura di prestare la massima attenzione in ragione delle penalità e delle responsabilità che il legislatore ha inteso collegare al loro mancato/errato/parziale adempimento.

 

2. L'aggiornamento dei dati e la corretta implementazione delle informazioni nel sistema PCC

La tempestiva disponibilità e correttezza delle informazioni riguardanti i pagamenti effettuati, la non liquidabilità delle fatture, la comunicazione della data di scadenza effettiva e delle cause di sospensione che interrompono il decorrere del tempo di pagamento, sono essenziali per consentire al sistema PCC l'elaborazione di indicatori attendibili per la valutazione del livello e della dinamica dei tempi di pagamento e dello stock di debiti commerciali pregressi delle pubbliche amministrazioni.

La Ragioneria Generale dello Stato ha realizzato il servizio dedicato alla comunicazione dello stock del debito, sulla nuova piattaforma dei servizi RGS denominata AreaRGS (http://areargs.rgs.mef.gov.it). Tale nuova piattaforma è stata realizzata con l'obiettivo di fornire un unico accesso alle funzionalità delle numerose applicazioni che la RGS mette a disposizione degli utenti. Il servizio dello "stock del debito" consente agli utenti registrati sul sistema PCC, in qualità di responsabili e incaricati, di consultare i dati sul debito risultante dalla piattaforma e di comunicare l'importo dello stock del debito commerciale residuo scaduto rilevato dai propri sistemi contabili al 31 dicembre dell'anno. Al riguardo, si segnala l'opportunità di provvedere alla comunicazione dello stock del debito residuo scaduto, qualora l'importo elaborato dal sistema PCC differisca da quello desunto dalle proprie scritture contabili, avendo cura di completare le attività di allineamento delle informazioni sulle singole fatture.

Con riferimento ai pagamenti effettuati dalle pubbliche amministrazioni che non adottano il Siope plus e/o il SiCOGE - Init[7], si segnala che le relative comunicazioni al sistema PCC devono essere effettuate in modo tempestivo, considerato che le analisi e rendicontazioni sui tempi di pagamento delle pubbliche amministrazioni sono elaborate e pubblicate con cadenza trimestrale.

In tal senso, si rammenta che tutte le modalità di registrazione dei dati, nonché le novità introdotte con l'avvio del servizio di comunicazione dello stock del debito su AreaRGS, sono disponibili agli utenti sia nelle guide presenti nella home page del sistema PCC (http://crediticommerciali.rgs.mef.gov.it/CreditiCommerciali/home.xhtml) sia nella scheda servizio dello stock del debito su AreaRGS (http://areargs.rgs.mef.gov.it).

 

3. Applicazione delle misure di garanzia per amministrazioni che adottano la contabilità finanziaria

L'applicazione delle misure di garanzia da parte delle Amministrazioni diverse dallo Stato che adottano la contabilità finanziaria è disciplinata dall'articolo 1, commi 862 e 863 della legge n. 145 del 2018. In particolare, il comma 862 prevede che, entro il 28 febbraio di ciascun anno, gli enti in contabilità finanziaria non rispettosi degli indicatori previsti dalle lettere a) e b) del comma 859 - ampiamente illustrati nel precedente paragrafo 1 - con delibera di giunta o del consiglio di amministrazione, stanziano l'accantonamento al Fondo di Garanzia Debiti Commerciali (FGDC) nella parte corrente del proprio bilancio. Al riguardo, si sottolinea che al rilevamento delle condizioni definite dalle lettere a) e b) del comma 859, gli enti sono sempre tenuti a variare il proprio bilancio per stanziare il FGDC, compreso il bilancio gestito nel corso della gestione provvisoria o dell'esercizio provvisorio.

L'importo del FGDC è calcolato applicando le percentuali previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 862 agli stanziamenti del bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione riguardanti la spesa per l'acquisto di beni e servizi.[8] In proposito, per gli enti territoriali e i loro organismi ed enti strumentali, occorre fare riferimento al macroaggregato 1.3 "Acquisto di beni e servizi"; per gli altri enti, che adottano la contabilità finanziaria, occorre considerare le corrispondenti voci, rilevate in conto competenza, del piano dei conti integrato previsto dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 ottobre 2013, n. 132 e successive modificazioni.

Sono esclusi dal calcolo dell'accantonamento gli stanziamenti di spesa finanziati da risorse vincolate. Per l'individuazione delle spese vincolate, gli enti soggetti al decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, fanno riferimento alle spese che, se non impegnate al 31 dicembre di ciascun anno, sono inserite nell'allegato a/2 al rendiconto, ai sensi dell'art. 187, comma 3-ter del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per quanto riguarda gli enti locali e i loro enti strumentali in contabilità finanziaria, e ai sensi dell'art. 42, comma 5 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, per quanto riguarda le regioni e gli enti regionali in contabilità finanziaria.

Nel corso dell'esercizio, in occasione delle variazioni di bilancio degli stanziamenti della spesa per acquisto di beni e servizi, è conseguentemente adeguato anche l'accantonamento al FGDC.

Al termine dell'esercizio, lo stanziamento definitivo relativo al FGDC confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione. Si evidenzia, al riguardo, che il FGDC accantonato nel risultato di amministrazione in sede di rendiconto è costituito dalla sommatoria dell'ammontare definitivo degli accantonamenti al FGDC stanziati nel bilancio di previsione degli esercizi precedenti e nel bilancio di previsione dell'esercizio cui il rendiconto si riferisce.

Ai sensi del comma 863, l'importo accantonato nel corso degli anni nel risultato di amministrazione è liberato nell'esercizio successivo a quello in cui risultano rispettate le condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859. Pertanto, nell'esercizio in cui l'ente rileva, in relazione alle risultanze dell'esercizio precedente, il rispetto delle condizioni di cui alle lettere a) e b) del comma 859, non viene effettuato l'accantonamento nel bilancio di previsione dell'esercizio in corso di gestione e, in sede di approvazione del rendiconto relativo all'esercizio precedente, è liberata la quota accantonata del risultato di amministrazione relativa al FGDC.

Si ricorda in ultimo che, al fine di favorire il monitoraggio e le verifiche dell'applicazione delle misure di garanzia, nel modulo finanziario del piano dei conti integrato è stato inserito il codice U.1.10.01.06.001 "Fondo di garanzia debiti commerciali"[9] da attribuire allo stanziamento relativo al FGDC a decorrere dall'esercizio 2022.

Per le medesime finalità, a decorrere dal bilancio di previsione 2023-2025 e dal rendiconto 2022 degli enti territoriali e dei loro organismi ed enti strumentali in contabilità finanziaria, nell'allegato a/1, concernente l'elenco analitico delle risorse accantonate nel risultato di amministrazione, è stata inserita un'apposita voce dedicata al FGDC, che riporta l'andamento di tale accantonamento dal 1° gennaio al 31 dicembre dell'esercizio.

 

4. Applicazione delle misure di garanzia per amministrazioni che adottano solo la contabilità economico - patrimoniale

L'articolo 1, comma 864, della legge n. 145 del 2018 prescrive che, nell'esercizio in cui sono state rilevate, con riferimento all'esercizio precedente, le condizioni di cui all'art. 1, comma 859, della medesima legge, gli enti che adottano solo la contabilità economico-patrimoniale, ad eccezione degli enti del servizio sanitario nazionale, riducono i consumi intermedi in una misura variabile a seconda dell'entità della violazione[10].

Dalla lettura della norma emerge che la percentuale di riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso deve essere calcolata sul valore corrispondente al costo registrato, a consuntivo, nell'anno precedente.

Pertanto, dopo aver rilevato le condizioni di cui all'art. 1, comma 859, ai fini della corretta applicazione delle suddette riduzioni, l'ente/organismo deve:

1. individuare la percentuale di riduzione prevista dall'art. 1, comma 864, a seconda dell'entità del ritardo rilevato o della mancata riduzione del debito;

2. desumere la base imponibile (costo per consumi intermedi) dal conto consuntivo/bilancio di esercizio dell'anno precedente;

3. adottare, tempestivamente, il provvedimento di variazione al bilancio preventivo/budget dell'esercizio in corso, volto a ridurre lo stanziamento per consumi intermedi nel valore della percentuale prescritta.

A titolo esemplificativo, si precisa che, per l'anno 2022, occorre calcolare la riduzione sui consumi intermedi registrati dal conto consuntivo/bilancio d'esercizio 2021, applicando la percentuale prevista dall'art. 1, comma 864, a seconda dell'entità del ritardo rilevato alla fine dell'esercizio 2021; l'importo della riduzione, così determinata, dovrà essere portata in diminuzione dello stanziamento corrispondente per consumi intermedi, iscritto nel preventivo/budget 2022.

Per la definizione dei consumi intermedi, si può far riferimento all'aggregato definito con circolare RGS n. 31 del 23 ottobre 2012, laddove, in particolare, si precisa che i consumi intermedi rappresentano il valore dei beni e dei servizi consumati quali input di un processo di produzione, escluso il capitale fisso, il cui consumo è registrato come ammortamento.

 

5. Applicazione delle misure di garanzia per gli Enti del Servizio sanitario nazionale

L'articolo 1, comma 865, della legge n. 145 del 2018 dispone che, per gli enti del Servizio sanitario nazionale che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente, le regioni e le province autonome provvedono ad integrare i contratti dei relativi direttori generali e dei direttori amministrativi inserendo uno specifico obiettivo volto al rispetto dei tempi di pagamento ai fini del riconoscimento dell'indennità di risultato. La quota dell'indennità di risultato condizionata al predetto obiettivo non può essere inferiore al 30 per cento.[11] Il successivo comma 866 ha disposto, inoltre, che le regioni trasmettano al Tavolo di verifica degli adempimenti di cui all'articolo 12 dell'Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 (di seguito Tavolo tecnico), una relazione in merito all'applicazione e agli esiti del citato comma 865. La trasmissione della relazione costituisce adempimento anche ai fini dell'accesso alla quota premiale del finanziamento sanitario a carico del bilancio dello Stato per gli effetti dell'articolo 2, comma 68, lettera c), della legge 23 dicembre 2009, n. 191, le cui disposizioni continuano ad applicarsi a decorrere dall'esercizio 2013 ai sensi dell'articolo 15, comma 24, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano relazionano al Tavolo tecnico sullo stato di applicazione del comma 865.

Tale normativa è recepita nell'ambito del c.d. "documento adempimenti", adottato congiuntamente dal Tavolo tecnico e dal Comitato permanente per la verifica dell'erogazione dei Livelli Essenziali di Assistenza di cui all'articolo 9 della citata Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, contenente l'elenco degli adempimenti previsti ai fini dell'accesso alla predetta quota premiale. È, inoltre, richiesto alle regioni di verificare lo stato di acquisizione delle fatture elettroniche presenti nel sistema PCC per ciascun anno oggetto di verifica.

Il Tavolo tecnico verifica periodicamente, nel corso delle riunioni sui conti sanitari trimestrali e annuali, l'attuazione della citata normativa per gli enti del SSN che non rispettano i tempi di pagamento previsti dalla legislazione vigente.

 

6. Le attività dei Collegi dei revisori dei conti o sindacali

Nell'ambito dei compiti di vigilanza sull'osservanza delle disposizioni di legge, di cui all'articolo 20 del decreto legislativo 30 giugno 2011, n. 123, recante "Riforma dei controlli di regolarità amministrativa e contabile e potenziamento dell'attività di analisi e valutazione della spesa, a norma dell'articolo 49 della legge 31 dicembre 2009, n. 196", nonché per gli aspetti generali all'articolo 2403 e seguenti del codice civile, il Collegio dei revisori dei conti e il Collegio sindacale degli enti ed organismi pubblici è tenuto ad assolvere ad apposite attività di controllo anche in relazione alla verifica dell'osservanza delle disposizioni legislative vigenti in tema di rispetto dei tempi di pagamento dei debiti commerciali.

La circolare n. 20/RGS del 5 maggio 2017 (circolare Vademecum per la revisione amministrativo contabile degli enti e organismi pubblici) costituisce lo strumento di supporto alle funzioni svolte dai Collegi dei revisori e sindacali presso enti ed organismi pubblici e, pertanto, si rimanda ai principi di comportamento che il revisore è tenuto ad osservare, nel rispetto degli ordinamenti degli enti ed organismi medesimi, nonché alle apposite indicazioni in essa contenute (paragrafo 2.11 - Controllo sull'osservanza delle disposizioni di legge dirette ad accelerare il pagamento dei debiti commerciali) in merito all'osservanza delle disposizioni di legge al tempo vigenti in materia di contrasto al ritardo nei pagamenti delle pubbliche amministrazioni.

Inoltre, nella circolare n. 14/RGS del 29 aprile 2019, sono state fornite alcune indicazioni circa gli adempimenti previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145, che si intendono qui integralmente richiamare.

Ciò nondimeno, anche alla luce delle modifiche successivamente intervenute nel quadro normativo vigente, si procede a fornire di seguito, ad integrazione delle indicazioni già diramate, senza pretese di esaustività, un contributo a supporto dell'attività di accertamento che l'organo di controllo interno, nell'ambito dei propri compiti di vigilanza, è tenuto ad espletare nella specifica area delle verifiche sul rispetto dei tempi di pagamento delle fatture commerciali nonché sui relativi adempimenti di monitoraggio.

Preliminarmente, si rammenta che ai sensi dell'art. 1, comma 872, della legge n. 145 del 2018, il competente organo di controllo di regolarità amministrativa e contabile verifica la corretta attuazione degli adempimenti ivi previsti e delle relative misure di garanzia.

Pertanto, il Collegio dei revisori o sindacale avrà cura di esporre l'esito delle verifiche effettuate nell'ambito della verbalizzazione delle riunioni del medesimo organo.

Ciò posto, si sottolinea che le informazioni sui pagamenti effettuati, comunicati nella piattaforma dei crediti commerciali - PCC, sono di fondamentale importanza per la verifica della tempestività dei pagamenti e sono utilizzati per il calcolo dei relativi indicatori previsti dalla legge.

In tal senso, il Collegio avrà cura di effettuare opportuni accertamenti sul rispetto da parte dell'ente dei termini di pagamento di cui al decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231, che potranno essere svolti con specifici controlli ovvero in occasione della periodica verifica di cassa, potendo procedere, in tale sede, con l'esame, a campione, dei mandati di pagamento e con il riscontro anche del rispetto delle scadenze di pagamento prescritte e della relativa comunicazione al sistema PCC.

Con riferimento alle misure di garanzia previste dalla legge n. 145 del 2018, a partire dal 2021, si ricorda che, ai fini della relativa applicazione, occorre verificare il rispetto degli indicatori previsti dal comma 859, lettere a) e b), della medesima legge, di cui si è data ampia trattazione nel paragrafo 1.

Per quanto concerne le verifiche della corretta attuazione delle suddette misure di garanzia, ai sensi dell'art. 1, comma 872, della legge n. 145 del 2018, va considerato che la medesima legge non reca precisi termini e modalità di effettuazione delle stesse.

Pertanto, ferme restando le iniziative di controllo che ciascun revisore autonomamente vorrà intraprendere sul tema, appare opportuno far presente che, in ogni caso, le attività del competente organo di controllo dovranno essere condotte in ragione dell'esigenza che l'ente ottemperi ordinatamente agli adempimenti discendenti dall'applicazione degli interventi correttivi prescritti.

In particolare, per gli enti in contabilità finanziaria non rispettosi degli indicatori previsti dall'art. 1, comma 859, lettere a) e b), della legge n. 145 del 2018, occorre tener presente che tali enti, come già in precedenza puntualizzato, sono tenuti, ai sensi del comma 862, entro il 28 febbraio di ciascun anno, con delibera di giunta o del consiglio di amministrazione, a stanziare l'accantonamento al Fondo di garanzia debiti commerciali (FGDC) nella parte corrente del proprio bilancio. Pertanto, il competente organo di controllo, al fine di verificare i presupposti per l'applicazione delle misure correttive, è chiamato a riscontrare gli indicatori riferiti all'esercizio precedente in tempo utile affinché venga rispettata la suddetta scadenza da parte dell'ente controllato.

Per quanto riguarda gli enti ed organismi - anche costituiti in forma societaria - che adottano solo la contabilità economico-patrimoniale (ad eccezione degli enti del Servizio sanitario nazionale), come già detto, qualora gli stessi non rispettino gli indicatori previsti dall'art. 1, comma 859, lettere

a) e b), della legge n. 145 del 2018, devono disporre la riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T), prendendo a riferimento il costo registrato, a consuntivo, nell'anno precedente (anno T-1) e applicando a quest'ultimo valore la percentuale prevista a seconda dell'entità del ritardo rilevato nel pagamento dei debiti commerciali, così come statuito dall'art. 1, comma 864, della medesima legge.

Per questa fattispecie, il Legislatore non ha indicato alcuna specifica scadenza. Tuttavia, atteso che la percentuale di riduzione dei costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T) deve essere applicata sul valore corrispondente al costo registrato, a consuntivo, nell'anno precedente (anno T-1), la corretta attuazione della misura comporta che la base imponibile per il calcolo della riduzione potrà essere desunta successivamente all'approvazione del conto consuntivo/bilancio di esercizio dell'anno precedente. In seguito, nel corso dell'esercizio, dovrà essere adottato da parte dell'ente/organismo il provvedimento di variazione al bilancio preventivo/budget dell'esercizio in corso, volto a ridurre lo stanziamento di competenza dei consumi intermedi nel valore della percentuale prevista a seconda dell'entità del ritardo rilevato.

A tal proposito, appare opportuno che il competente organo di controllo, nei primi mesi dell'anno, compia le verifiche delle condizioni per l'applicazione delle misure correttive, riscontrando gli indicatori riferiti all'esercizio precedente, così da consentire all'ente/organismo non rispettoso dei vincoli prescritti la valutazione tempestiva degli effetti discendenti dall'inadempimento.

In ogni caso, il medesimo organo di controllo, in sede di predisposizione della relazione, ove prevista, alle variazioni di bilancio/budget, è tenuto a provvedere al conseguente asseveramento dell'adempimento relativo all'accantonamento al FGDC e al suo eventuale adeguamento in corso di esercizio ovvero concernente la riduzione dello stanziamento per consumi intermedi di competenza dell'anno.

Per completezza, si rammenta l'ulteriore condizione da verificare ai sensi dell'art. 1, comma 868, della legge n. 145 del 2018, in base al quale le misure di garanzia di cui al comma 862, lettera a), al comma 864, lettera a), e al comma 865, lettera a), si applicano anche alle pubbliche amministrazioni che non hanno pubblicato l'ammontare complessivo dei debiti, ai sensi dell'art. 33 decreto legislativo n. 33/2013, e che non hanno trasmesso alla piattaforma elettronica le comunicazioni dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente nonché le informazioni relative all'avvenuto pagamento delle fatture.

 

7. Gli obiettivi della Riforma n. 1.11 del PNRR

Per quanto riguarda la valutazione del raggiungimento degli obiettivi della Riforma n. 1.11 del PNRR è opportuno segnalare che la stessa sarà effettuata sia con riferimento all'indicatore del tempo medio di pagamento, che non deve superare i termini massimi consentiti (30 o 60 giorni), che all'indicatore del tempo medio di ritardo (che non deve risultare maggiore di zero). In tal senso, le pubbliche amministrazioni avranno cura, nel confermare nel sistema PCC la data di scadenza delle fatture, di rispettare le prescrizioni previste al riguardo dal decreto legislativo n. 231 del 2002. In particolare, si rammenta che ai sensi dell'articolo 4, comma 4 del citato decreto, nelle "transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto".

In considerazione del fatto che la scadenza dei termini di pagamento è fissata in via ordinaria in 30 giorni, ad eccezione degli Enti del comparto sanitario e delle imprese pubbliche di cui al decreto legislativo n. 333/2003 (comparti per i quali il termine è raddoppiato), l'eventuale estensione dei tempi di pagamento oltre tale termine, fino ad un massimo di 60 giorni, deve essere puntualmente giustificata, con prova per iscritto della clausola relativa al termine, in ragione della particolare "natura del contratto" o di "talune sue caratteristiche", come prescritto dalla normativa di riferimento sopra citata. In ogni caso, nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione, i termini di pagamento non possono essere superiori a 60 giorni.

Infine, si precisa che gli indicatori stabiliti dalla Commissione europea in sede di monitoraggio della citata riforma n. 1.11 saranno costituiti dalla media, ponderata con gli importi delle fatture pagate, dei tempi di pagamento e di ritardo delle pubbliche amministrazioni, purché gli stessi non risultino inferiori alla media semplice di oltre 20 giorni (30 giorni per gli enti del settore sanitario), nel 2023, e 15 giorni (20 giorni per gli enti del settore sanitario) nel 2024. In caso contrario, per monitorare il conseguimento del target prefissato verrebbe utilizzata la media semplice. Pertanto, è opportuno che le pubbliche amministrazioni adottino, nella programmazione dei pagamenti, criteri che assicurino parità di trattamento dei fornitori, atteso che eventuali dinamiche di pagamento che favoriscano prioritariamente il pagamento di fatture di importo più elevato potrebbero incidere sulla scelta dell'indicatore valido per il monitoraggio della riforma.

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[1] 1 Legge 30 dicembre 2018 n. 145, articolo 1, commi da 858 a 872.

[2] Il decreto legislativo n. 231 del 2002, e successive modificazioni, nel recepire la Direttiva europea 2011/7/UE stabilisce i termini massimi di pagamento nelle transazioni commerciali in cui il debitore sia una pubblica amministrazione

[3] Criterio stabilito dall'articolo 1, comma 861 della legge 30 dicembre 2018, n.145.

[4] Legge 30 dicembre 2018 n. 145, articolo 1, comma 861, come modificato dall'articolo 9, comma 2, lett. a) del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152 convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 dicembre 2021, n. 233.

[5] Ai sensi dell'articolo 1, comma 867, a decorrere dal 2020, entro il 31 gennaio di ogni anno, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ad esclusione di quelle che adottano il Siope plus, comunicano mediante la piattaforma dei crediti commerciali - PCC l'ammontare complessivo dello stock di debiti commerciali residui scaduti e non pagati alla fine dell'esercizio precedente

[6] Ai sensi dell'articolo 1, comma 868, a decorrere dal 2021, fermo restando quanto stabilito dal comma 861, le misure di cui al comma 862, lettera a), al comma 864, lettera a), e al comma 865, lettera a), si applicano anche alle amministrazioni pubbliche di cui ai commi 859 e 860 che non hanno pubblicato l'ammontare complessivo dei debiti, di cui all'articolo 33 del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, e che non hanno trasmesso alla piattaforma elettronica le comunicazioni di cui al comma 867 e le informazioni relative all'avvenuto pagamento delle fatture

[7] I dati sui pagamenti degli enti che adottano il Siope plus e/o il SiCOGE - Init sono automaticamente registrati nel sistema PCC

[8] Ai sensi dell'articolo 1, comma 862, "Entro il 28 febbraio dell'esercizio in cui sono state rilevate le condizioni di cui al comma 859 riferite all'esercizio precedente, le amministrazioni diverse dalle amministrazioni dello Stato che adottano la contabilità finanziaria, anche nel corso della gestione provvisoria o esercizio provvisorio, con delibera di giunta o del consiglio di amministrazione, stanziano nella parte corrente del proprio bilancio un accantonamento denominato Fondo di garanzia debiti commerciali, sul quale non è possibile disporre impegni e pagamenti, che a fine esercizio confluisce nella quota accantonata del risultato di amministrazione, per un importo pari: a) al 5 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, in caso di mancata riduzione del 10 per cento del debito commerciale residuo oppure per ritardi superiori a sessanta giorni, registrati nell'esercizio precedente; b) al 3 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra trentuno e sessanta giorni, registrati nell'esercizio precedente; c) al 2 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra undici e trenta giorni, registrati nell'esercizio precedente; d) all'1 per cento degli stanziamenti riguardanti nell'esercizio in corso la spesa per acquisto di beni e servizi, per ritardi compresi tra uno e dieci giorni, registrati nell'esercizio precedente."

[9] Il codice del modulo finanziario del piano dei conti integrato U.1.10.01.06.001 "Fondo di garanzia debiti commerciali è stato previsto dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 12 ottobre 2021 per gli enti territoriali e loro organismi e enti strumentali in contabilità finanziaria e dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 25 novembre 2021 per gli enti non territoriali in contabilità finanziaria.

[10] Ai sensi dell'articolo 1, comma 864, nell'esercizio in cui sono state rilevate le condizioni di cui al comma 859, relative all'esercizio precedente, gli enti che adottano solo la contabilità economico-patrimoniale, ad eccezione degli enti del Servizio sanitario nazionale: a) riducono del 3 per cento i costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T) rispetto a quelli registrati nell'anno precedente (anno T - 1), qualora registrino ritardi superiori a sessanta giorni, oppure in caso di mancata riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo; b) riducono del 2 per cento i costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T) rispetto a quelli registrati nell'anno precedente (anno T - 1), qualora registrino ritardi compresi tra trentuno e sessanta giorni; c) riducono dell'1,50 per cento i costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T) rispetto a quelli registrati nell'anno precedente (anno T - 1), qualora registrino ritardi compresi tra undici e trenta giorni; d) riducono dell'1 per cento i costi di competenza per consumi intermedi dell'anno in corso (anno T) rispetto a quelli registrati nell'anno precedente (anno T - 1), qualora registrino ritardi compresi tra uno e dieci giorni.

[11] Ai sensi dell'articolo 1, comma 865, la predetta quota dell'indennità di risultato: a) non è riconosciuta qualora l'ente sanitario registri ritardi superiori a sessanta giorni oppure in caso di mancata riduzione di almeno il 10 per cento del debito commerciale residuo; b) è riconosciuta per la metà qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra trentuno e sessanta giorni; c) è riconosciuta per il 75 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra undici e trenta giorni; d) è riconosciuta per il 90 per cento qualora l'ente sanitario registri ritardi compresi fra uno e dieci giorni.