Autonomia delle scuole
Sergio Auriemma
Dalla legge-delega n. 59/1997 alla revisione del Titolo V nel 2001
Il vocabolo autonomia (in senso etimologico: autòs + nòmos = sé stesso + legge = darsi da sé una legge, un regola, un criterio di indirizzo ), quando riferito ad un ente pubblico e nell'accezione giuridica, indica la facoltà spettante all'ente pubblico di realizzare le finalità istituzionali assegnategli dalla legge autoregolando le proprie attività, senza ingerenze esterne ed in una posizione di relativa "indipendenza" da altri soggetti.
Di per sé poco significativo, il termine acquista maggiore concretezza contenutistica tramite apposite aggettivazioni, che specificano l'ambito e l'effettiva estensione delle potestà autonomistiche (ad es. autonomia "organizzativa" indicherà la facoltà di darsi una propria organizzazione interna, strutturale ed operativa).
Tali nozioni fondamentali, pressocché pacifiche nella dottrine giuridica, già mettono a nudo un eccesso di semplificazione (o, forse, di enfatizzazione) in talune concezioni tendenti ad affermare che l'autonomia delle scuole si sostanzi nel poter liberamente fare ciò che non è esplicitamente vietato dalla legge, cioè nella libertà di agire senza altri vincoli o limiti o regole che quelle testualmente fissate da divieti codificati nell'ordinamento giuridico.
Analoghe semplificazioni, sul versante didattico-formativo, si mostrano altrettanto concettualmente deboli. Anche in questo caso, a meno che si intenda trasmutare l'autonomia didattica in autoreferenzialità ( realizzabile a prezzo di oggettivo decadimento dell'equilibrio unitario del Sistema educativo e di una qualità formativa difficilmente apprezzabile in senso scientifico) è impensabile che lo sviluppo della flessibilità nelle offerte formative, pure largamente auspicabile e da incentivare, debba sostanziarsi nella libertà di svolgere l'azione educativo-did
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