Mansioni superiori
Sergio Auriemma
L'art. 13 dello Statuto dei diritti dei lavoratori (L. n. 300/1970) ha modificato il testo originario dell'art. 2103 del codice civile (cd. jus variandi del datore di lavoro), che nella formulazione oggi in vigore e per quanto riguarda il rapporto di lavoro di diritto privato stabilisce:
- l'obbligo di adibire il prestatore di lavoro "alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte" ;
- il diritto del prestatore di lavoro al trattamento economico corrispondente all'attività effettivamente svolta;
- il transito definitivo verso qualifica diversa qualora l'assegnazione delle diverse mansioni superi il periodo di tre mesi o quello previsto da contratti collettivi;
- la nullità di qualsiasi pattuizione contraria.
La regolazione normativa introdotta negli anni '70 per il lavoro privato ha risentito del clima politico-culturale dell'epoca ed appare rigorosamente ispirata alla tutela della parte debole del rapporto lavorativo.
Va notato che la successiva evoluzione normativa, pattizia e giurisprudenziale, subendo l'influenza di mutamenti intervenuti nel clima culturale e nella situazione economica complessiva, ha progressivamente conosciuto talune attenuazioni del rigore iniziale (ad esempio l'articolo 6 della legge n. 190/1985, poi modificato dalla legge n. 106/1986, ha rimesso alle "pattuizioni collettive" la possibilità di fissare periodi superiori ai tre mesi, mentre prima la giurisprudenza riteneva la disposizione non derogabile neppure da contratti collettivi).
Si sono, quindi, moltiplicate previsioni derogatorie , sia pure prevalentemente con finalità di tipo protezionistico in situazioni particolari, nelle quali attraverso un bilanciamento tra il bene "lavoro" ed il bene "occupazione", persino il "demansionamento" del lavoratore è appars
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