Proroga organi amministrativi
Sergio Auriemma
Indirizzi giurisprudenziali oramai risalenti nel tempo avevano ritenuto che gli organi titolari di pubbliche funzioni potessero proseguire nello svolgimento delle loro attività, anche dopo la cessazione dalla carica e fino al subentro dei successori nella funzione.
Il principio, rinvenuto in norme di diritto positivo (es. art. 61 Cost. sulla proroga dei poteri delle Camere finché non siano riunite le nuove; art. 85 Cost. sulla proroga dei poteri del Presidente della Repubblica fino a nuova elezione, ecc.), era stato ritenuto estensivamente applicabile anche a casi non previsti, al fine di assicurare il buon andamento e la continuità dell'azione amministrativa di cui all'art. 97 Cost.
La Corte costituzionale (sent. n. 208/1992) ha impresso un radicale arresto a siffatti indirizzi interpretativi e, con inversione del principio, ha escluso che gli organi amministrativi, collegiali oppure individuali, possano durare in carica oltre il termine per essi stabilito, quando ciò non sia previsto dalla legge che ne disciplina nomina, elezione e funzioni.
La sentenza, distinguendo tra "prorogatio" (prosecuzione di fatto dell'attività dopo la scadenza dell'organo) e "proroga" in senso stretto (prosecuzione nelle funzioni sancita esplicitamente da una norma ad hoc), ha affermato che la prorogatio sine die di un organo amministrativo, "...demandando all'arbitrio di chi debba provvedere alla sostituzione di determinarne la durata, violerebbe il principio della riserva di legge in materia di organizzazione amministrativa, nonché quelli dell'imparzialità e del buon andamento" .
Successivamente la Corte costituzionale (sent. n. 196 del 2003) con specifico riferimento agli organi elettivi, e segnatamente ai consigli regionali, ha chiarito che «L'istituto della prorogatio [...] non incide [...] sulla durata del mandato elettivo, ma riguarda solo l'esercizio dei poteri nell'intervallo fra la scadenza, naturale o anticipata, di tale mand
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