Responsabilità dirigenziale
Sergio Auriemma
Premesse introduttive al tema
L'art. 19 del d.P.R. n. 748 del 30 giugno 1972 ( Disciplina delle funzioni dirigenziali nelle Amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo ) aveva configurato una responsabilità cosiddetta dirigenziale o di risultato , distinguibile dalle altre quattro tipologie di responsabilità ( penale , civile , amministrativa e disciplinare ) che possono gravare sui dipendenti pubblici in connessione allo svolgimento delle attribuzioni di competenza.
Si tratta di una forma di responsabilità avente connotazioni particolari, sostanziali ed anche procedimentali, che occorre distinguere con precisione dalle altre.
In quanto collegata all'esercizio della funzione di dirigente - per la quale assumono rilievo talune garanzie di rango costituzionale (buon andamento, legalità, imparzialità), ma anche la volontà espressa nelle leggi e nelle direttive di indirizzo assunte dal vertice politico-amministrativo preposto a ciascuna branca della Pubblica Amministrazione - la responsabilità dirigenziale indubbiamente risente del rapporto fiduciario tra il dirigente ed il vertice, monocratico o collegiale, che definisce gli indirizzi gestionali ed assegna gli obiettivi da perseguire.
La responsabilità in questione si atteggia in modo non dissimile da quella che, nell'area aziendale privatistica, è comunemente nota come "responsabilità manageriale" .
Varie precisazioni in ordine ai profili di detta responsabilità, concernenti aspetti del rapporto di lavoro cd. "privatizzato" ed a proposito della "gestione delle risorse umane", dell'esercizio delle "capacità del datore di lavoro privato", della "microorganizzazione degli uffici" cui sono preposti i dirigenti e della "gestione dei rapporti di lavoro" del personale dipendente sono rinvenibili nella circolare n. 3/2006 diramata dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
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