Il mobbing non è reato penale, ma è bene che il datore di lavoro si limiti
Il legittimo esercizio del potere imprenditoriale deve trovare un limite invalicabile nell'inviolabilità dei diritti e nella imprescindibile esigenza di impedire comunque l'insorgenza o l''aggravamento di situazioni patologiche pregiudizievoli per la salute del lavoratore, assicurando allo stesso serenità e rispetto nella dinamica del rapporto lavorativo, anche di fronte a situazioni che impongano l'eventuale esercizio nei suoi confronti del potere direttivo o addirittura di quello disciplinare.
Il legittimo esercizio del potere imprenditoriale deve trovare un limite invalicabile nell'inviolabilità dei diritti e nella imprescindibile esigenza di impedire comunque l'insorgenza o l''aggravamento di situazioni patologiche pregiudizievoli per la salute del lavoratore, assicurando allo stesso serenità e rispetto nella dinamica del rapporto lavorativo, anche di fronte a situazioni che impongano l'eventuale esercizio nei suoi confronti del potere direttivo o addirittura di quello disciplinare.
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26594, con la quale ha invitato i datori di lavoro, anche se il mobbing non è un reato perseguibile penalmente, a non esagerare con comportamenti ostili, umilianti, ridicolizzanti e lesivi della dignità personale.