43° Rapporto Censis: i giovani hanno una visione pessimistica della scuola italiana
Circa l’80% dei giovani tra 15 e 18 anni si domanda quale senso abbia stare a scuola o frequentare corsi di formazione professionale. Il 92,6% dei giovani in uscita dalla scuola secondaria di II grado ritiene che il lavoro sia sottopagato anche per chi ha un titolo di studio elevato e il 91,6% pensa che sia agevolato chi può avvalersi delle conoscenze.
Circa l’80% dei giovani tra 15 e 18 anni si domanda quale senso abbia stare a scuola o frequentare corsi di formazione professionale.
Il 92,6% dei giovani in uscita dalla scuola secondaria di II grado ritiene che il lavoro sia sottopagato anche per chi ha un titolo di studio elevato e il 91,6% pensa che sia agevolato chi può avvalersi delle conoscenze.
E ben il 63,9% degli occupati giudica inutili le cose studiate a scuola per il proprio lavoro.
Questi sono solo alcuni dei dati contenuti nel 43° Rapporto Censis che affronta l'analisi e l'interpretazione dei più significativi fenomeni socioeconomici del Paese.
Per quanto riguarda l’istruzione e il mondo del lavoro, il 75% dei laureati e l’85% dei non laureati di 16-35 anni pensano che in Italia vi siano scarse possibilità di trovare lavoro grazie alla propria preparazione. In effetti, i laureati italiani in economia e in ingegneria hanno attese di remunerazione minori rispetto ai loro colleghi europei: nel 2009 il primo stipendio annuo atteso è inferiore rispettivamente del 20,2% e del 21,4% di quello medio europeo. E ancora il 19,3% dei giovani italiani di 18-24 anni non è in possesso di un diploma e non è più in formazione, contro il 12,7% di Francia e Germania, il 13% del Regno Unito, il 14,8% medio europeo.
Per quanto riguarda l’alternanza scuola-lavoro, il 71,2% dei dirigenti scolastici ritiene che essa permetta agli studenti di avere una migliore conoscenza del mondo del lavoro, il 55,9% pensa che consenta alla scuola di offrire un curriculum di studio più adeguato alle esigenze lavorative, il 53,2% ritiene che aumenti le opportunità occupazionali dei diplomati in quanto hanno l’occasione di farsi conoscere dalle aziende.
Inoltre, il 52,9% dei dirigenti ritiene che l’introduzione dell’alternanza influenzi i livelli motivazionali, contrastando i fenomeni di dispersione, e il 51% che funga da stimolo per una innovazione continua della didattica. La criticità più segnalata riguarda, invece, le risorse finanziarie, alla quale è correlata la difficoltà ad offrire percorsi di alternanza a tutti gli studenti interessati. Il 46,1% dei dirigenti scolastici sottolinea, infine, la problematicità di coinvolgere le aziende e gli altri soggetti economici.