Crocefisso nelle scuole: ricorso contro sentenza Corte Europea
Contro la sentenza del 3 novembre 2009, il Governo - dopo la decisione presa nel Consiglio dei ministri il 6 novembre - ha ufficialmente chiesto il riesame del caso.
Il crocefisso è uno dei simboli della nostra storia e della nostra identità e la cristianità rappresenta le radici della nostra cultura, quello che oggi siamo. L'esposizione del crocefisso nelle scuole deve quindi essere vista, anche più che in senso religioso, in riferimento alla storia e alla tradizione dell'Italia, perché la presenza del crocefisso rimanda ad un messaggio morale che non lede la libertà di aderire o no alla religione cristiana. Identità, cultura, storia, tradizione: queste le parole chiave per reinterpretare la sentenza della Corte europea dei diritti dell'Uomo, che chiama in causa il governo italiano.
Contro la sentenza del 3 novembre 2009, il Governo - dopo la decisione presa nel Consiglio dei ministri il 6 novembre - ha ufficialmente chiesto il riesame del caso.
La sentenza della Corte europea si basa sull'art.9 della Convenzione europea per i diritti dell'uomo ('Libertà di pensiero, di coscienza e di religione') e dell'art. 2 del Protocollo 1 ('Diritto all'istruzione'), che comporterebbero l'obbligo dello Stato di astenersi dall'imporre (anche indirettamente), credenze, nei luoghi in cui le persone siano a suo carico o particolarmente vulnerabili.
Nell'ordinamento italiano l'esposizione del crocefisso è regolamentata dal decreto legislativo 297/1994 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado). Tali norme seguono la tradizione del nostro Paese e sono retaggio di norme più antiche, come il R.D. 26-4-1928 n. 1297 ('Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare') ed il R.D. 30-4-1924 n. 965 ('Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media'). D'altra parte la nostra Costituzione in più punti considera il tema della religione, per es., negli art. 3, 8, 19; né va dimenticato quanto affermato dall'art. 7 circa i rapporti fra lo Stato e la Chiesa cattolica, regolati dai Patti Lateranensi, le cui modificazioni 'accettate dalle due parti, non richiedono procedimento di revisione costituzionale'.