Il valore aggiunto nelle prove Invalsi
Presentato lo scorso 14 marzo al Miur il Rapporto sul Valore Aggiunto nelle prove Invalsi 2018, che misura l'effetto scuola, ovvero la qualità delle competenze degli studenti al netto dei fattori di background. Risultati uniformi al Nord, mentre il Mezzogiorno evidenzia una disparità tra scuole più e meno efficaci.
Il cosiddetto “valore aggiunto” o “effetto scuola” è una misura della qualità delle competenze degli studenti, al netto di tre fattori di background: il livello socio-culturale del territorio (background ambientale); 2) il livello socio-culturale della famiglia (background individuale); 3) le competenze che gli studenti già possedevano all’ingresso della scuola.
Allo stato attuale l’Invalsi è in grado di stimare il valore aggiunto con riferimento ai seguenti tre segmenti scolastici: 1) dalla seconda alla quinta classe della scuola primaria; 2) dalla quinta primaria alla terza secondaria di primo grado; 3) dalla terza secondaria di primo grado alla seconda secondaria di secondo grado. La stima degli indicatori di valore aggiunto delle scuole, distinte per ordine e grado, è stata effettuata per l’Italia nel suo insieme e per le cinque macro-aree in cui essa è ripartita: Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Sud e Isole. Da settembre 2016 le scuole ricevono dall’Invalsi i relativi dati.
La maggior parte delle scuole ottiene i risultati che era prevedibile ottenesse tenuto conto delle caratteristiche dei suoi studenti, mentre sono una minoranza le scuole con valore aggiunto positivo o negativo, che dunque raggiungono risultati rispettivamente superiori e inferiori alle attese.
Al Sud e nelle isole si riscontra una divaricazione fra scuole più e meno efficaci, mentre nelle regioni settentrionali e centrali l’efficacia del servizio scolastico sembra essere più uniforme.
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